PER UNA NUOVA CRITICA DELL’ECONOMIA POLITICA

2-3/2010, [:it]giugno[:en]June[:] ISBN: 8890413611pp. 219 - 260

Abstract

Ciò che rende particolarmente interessante il tentativo di Moishe Postone1 di ripensare l’attualità di Marx nella fase storica del post ’89, successiva alla disintegrazione dei regimi comunisti, è la sua riabilitazione della “critica dell’ideologia politica”. Sebbene Postone sia altamente critico nei confronti di Althusser, egli, proprio come Althusser, liquida l’umanesimo del giovane Marx, che considera profondamente difettoso, e colloca la cruciale ‘rottura epistemologica’ ancora più tardivamente rispetto al filosofo francese: nella fase in cui Marx ritorna ad occuparsi della critica dell’economia politica, dopo una rinnovata lettura della Scienza della logica di Hegel, a partire dalla metà degli anni ’50. Solo da questo momento in poi, Marx supera a tutti gli effetti le sue formulazioni giovanili, che poi, invece, riprenderanno il sopravvento nella tradizione ‘marxista’ fino a diventare dominanti. Ci riferiamo in primo luogo alla dicotomia tra base economica e sovrastrutture giuridiche e ideologiche – all’interno di un modello dialettico ancora insufficiente – e, in seconda istanza, all’evoluzionismo storicista ingenuo, fondato sull’assolutizzazione astorica del lavoro (inteso come il processo materiale di produzione e riproduzione della vita) come chiave per comprendere tutti gli altri fenomeni. Si tratta di quell’evoluzionismo storicista che trova la sua definitiva e canonica formulazione nella famosa prefazione a Per la critica dell’economia politica (1859)2. In seguito verranno meno tutti i rovesciamenti simmetrici di stampo feuerbachiano, verrà meno l’opposizione ingenua tra ‘processo di vita reale’ e ‘mera speculazione’3. Il principale rimprovero di Postone alla teoria marxista dominante consiste nel fatto che, nel suo nucleo più profondo, essa riposa su «una lettura del lavoro trans-storica e ingenua, la quale fa del lavoro un’attività di mediazione tra l’uomo e la natura, che trasforma la materia in vista di una finalità. Il lavoro, così inteso, è posto come fonte della ricchezza in tutte le società ed è ciò che soggiace ai processi di edificazione della società; in altre parole esso fonda ciò che è universale e costitutivamente sociale. Nel capitalismo, però, le relazioni particolaristiche e frammentarie impediscono al lavoro di realizzarsi pienamente. L’emancipazione si compie in una forma sociale in cui il lavoro trans-storico, liberato dalle catene del mercato e della proprietà privata, emerge apertamente come il principio regolatore della società. (Questa nozione ovviamente è legata a quella di rivoluzione socialista come ‘autorealizzazione del proletariato’)»4. Particolarmente degna di nota è la dettagliata analisi che Postone elabora di come perfino la tradizione marxista occidentale più critica, che ha inteso chiaramente la necessità di ripensare il marxismo al fine di intendere meglio le specificità del capitalismo del XX secolo, abbia mantenuto nondimeno il nucleo fondamentale del marxismo tradizionale, ovvero una nozione astorica del lavoro e del processo produttivo. Scrive Postone che «di fronte a trasformazioni storiche come il trionfo del nazionalsocialismo, la vittoria dello stalinismo e l’aumento generalizzato del controllo statale in Occidente, Horkheimer negli anni ’30 giunse alla conclusione che gli elementi che prima caratterizzavano il capitalismo – il mercato e la proprietà privata – non costituivano più i principi essenziali della sua struttura. […] Horkeimer affermò che la contraddizione strutturale del capitalismo era stata superata e che la società non era più direttamente costituita dal lavoro. Lungi dal significare emancipazione, questo processo aveva portato in ogni caso a un livello sempre maggiore di illibertà sottoforma di una nuova struttura tecnocratica di dominazione. Questo perciò, secondo Horkheimer, indicava che il lavoro (che egli continuò a intendere secondo la tradizione in termini trans-storici) non poteva essere considerato la base dell’emancipazione, ma piuttosto doveva essere inteso come l’origine della dominazione tecnocratica. Nella sua analisi, la società capitalista non ha più una contraddizione strutturale. È diventata unidimensionale: una società governata dalla ragione strumentale senza nessuna possibilità di critica, né trasformazione fondamentale»5. Questo tema è estremamente importante: tutto il discorso di matrice heideggeriana sviluppato nella Dialettica dell’illuminismo, incentrato sul tema della ‘ragione strumentale’ tecnocratica, sulla ‘dominazione’ derivata dalla nozione di lavoro, il dominio postpolitico del lavoro (‘l’amministrazione delle cose’), dovrebbe essere rigettato nella misura in cui costituisce una falsa formulazione del problema di come interpretare il fallimento della rivoluzione marxista nel suo obbiettivo di instaurare la libertà. Condividendo con il marxismo la premessa che la società postcapitalista è «una forma sociale in cui il lavoro trans-storico, liberato dalle catene del mercato e della proprietà privata, emerge apertamente come il principio che regola la società»6, tale prospettiva interpreta questa fase postcapitalista come una catastrofe anziché come un orizzonte di emancipazione. Il senso è: “Volevate abolire il capitalismo e stabilire la supremazia del lavoro? Allora non lamentatevi del totalitarismo, avete avuto quello che cercate”. Questo argomento è troppo semplicista e nasconde il vero problema: le nuove forme sociali della dominazione, ovvero la non-libertà del capitalismo moderno, ma anche dei cosiddetti ‘totalitarismi’. Il ‘totalitarismo’, infatti, non è il governo della ‘ragione strumentale’. Bisognerebbe correggere Postone quando scrive che «la nascita e il crollo dell’Urss erano intrinsecamente collegati alla nascita e al crollo del capitalismo di Stato. Le trasformazioni storiche degli ultimi decenni suggeri-scono che l’Unione Sovietica era parte di una più vasta configurazione storica rappresentata dalla formazione sociale capitalista, nonostante la grande ostilità esistente tra l’Urss e i paesi capitalisti occidentali»7. Bisognerebbe essere precisi e insistere sul predicato ‘capitalista’: non è che capitalismo e comunismo siano ‘metafisicamente la stessa cosa’, espressioni di una ragione strumentale e della supremazia del lavoro; piuttosto è vero che nella totalità concreta della società globale contemporanea, il capitalismo è il fattore determinante, cosicché anche la sua negazione storicamente specifica, il socialismo reale, è parte della medesima dinamica capitalista. In cosa consiste allora quella “rottura epistemologica” di Marx che comincia con i Grundrisse e trova la sua ultima espressione nel Capitale? Confrontiamo il punto di partenza del Capitale con l’inizio dell’esposizione più compiuta del pensiero giovanile di Marx, la prima parte dell’Ideologia tedesca. Qui, in quel che viene presentato come un riferimento diretto e autoevidente al ‘processo di vita reale’ in quanto opposto alle fantasmagorie ideologiche, l’ideologia astorica raggiunge il suo culmine.

  1. Cfr. M. Postone, Rethinking Marx in a Postmarxist World, in C. Camic (a cura di), Reclaiming the Sociological Classics, Blackwell Publishers, Cambridge (Mass.) 1998.
  2. In questo senso si può ritenere che dopo il 1860 Marx non era più marxista, sebbene sia possible fornire una lettura più raffinata della sua famosa affermazione “una cosa è certa, ed è che io non sono marxista”: l’inventore di una dottrina intrattiene una relazione sostanziale ed intrinseca con essa e non può esserne un seguace, così come Hegel non poteva essere hegeliano, né Cristo cristiano.
  3. Del resto Marx non ha mai considerato il feticismo delle merci come un’ideologia per la semplice ragione che esso rappresenta una “mera” illusione che però non è parte di una sovrastruttura ideologica, ma si trova nel cuore della struttura economica capitalista.
  4. M. Postone, Rethinking Marx in a Postmarxist World, cit., p. 51.
  5.  Ivi, p. 54.
  6. M. Postone, Critical social theory and the contemporary world, in “International Journal of Politics, Culture, and Society”, 19, 2005, pp. 69-79.
  7. M. Postone, History and helplessness: mass mobilization and contemporary forms of anticapitalism, in “Public Culture”, 18, 2006, pp. 93-110.
Scarica l'articolo Cita l'articolo
MLA
Žižek, Slavoj, e Jamila M. H. Mascat. "PER UNA NUOVA CRITICA DELL’ECONOMIA POLITICA". Pólemos V. 2-3. (2010): 219-260 https://www.rivistapolemos.it/per-una-nuova-critica-delleconomia-politica/?lang=it
APA
Žižek, S., & Mascat J. (2010). "PER UNA NUOVA CRITICA DELL’ECONOMIA POLITICA". Pólemos V. (2-3). 219-260 https://www.rivistapolemos.it/per-una-nuova-critica-delleconomia-politica/?lang=it
Chicago
Žižek, Slavoj, e Jamila M. H. Mascat. 2010. "PER UNA NUOVA CRITICA DELL’ECONOMIA POLITICA". Pólemos V (2-3). Donzelli Editore: 219-260. https://www.rivistapolemos.it/per-una-nuova-critica-delleconomia-politica/?lang=it
RIS
BibTeX

Keyword

Archivio

Contatti

info » redazione[at]rivistapolemos.it
call for paper » cfp[at]rivistapolemos.it