Abstract
Il saggio offre un’analisi storico-concettuale del liberalismo autoritario, espressione coniata da Hermann Heller nel 1933 per indicare uncomplesso di teorie politiche e di politiche economiche anche di diverso segno, il cui scopo condiviso era quello di tenere separati Stato e società desocializzando l’economia e imponendo uno Stato forte. Partendo dalla lotta al pluralismo economico-sociale in quanto trait d’union del liberalismo autoritario, il saggio individua differenze e analogie tra la critica al pluralismo di Carl Schmitt e quella degli ordoliberali tedeschi, in quanto esponenti più citati del liberalismo autoritario. Il saggio mostra quindi come il problema del primo fosse l’economicizzazione dello Stato, mentre quello dei secondi la politicizzazione dell’economia. L’ultima parte del saggio analizza il concetto di costituzione economica ordoliberale, in quanto strumento economico- giuridico volto a garantire la depoliticizzazione e la desocializzazione dell’economia e argomenta come essa sia stata fonte di ispirazione politica sia per quanto riguarda la fondazione della Repubblica federale tedesca che per quanto concerne il processo di integrazione europea, grazie alla costituzionalizzazione delle regole della concorrenza. La tesi del saggio è che il fil rouge che lega il liberalismo autoritario di Weimar al processo di integrazione sia la depoliticizzazione dell’economia e un notevole scetticismo nei confronti dell’inclusione della società nei processi decisionali riguardanti l’ordine economico.