Abstract
Questo articolo racconta il contrasto a quel costituzionalismo neoliberale che negli anni Novanta, attraverso le organizzazioni basate sui trattati multilaterali, ha imposto il libero commercio e i diritti del capitale. L’articolo sostiene che, nella rottura dello status quo, si possano trovare forze importanti tra le élites sconfitte dagli accordi di quegli anni. Sottoposta alla concorrenza della Cina, l’industria siderurgica statunitense, in particolare, è divenuta un’accesa avversaria del libero scambio incondizionato e rappresenta un filo rosso che collega tutti i principali consiglieri di Trump in materia di commercio. Gli stessi lobbisti dell’acciaio hanno contribuito a formulare una critica all’esistente globalismo neoliberale, che Trump ha adottato e messo in atto nell’ambito della sua guerra commerciale. Cercando l’attacco contemporaneo al costituzionalismo neoliberale tra le élites aziendali scontente, scopriamo che la crisi attuale va inquadrata come effetto di una reazione dall’alto, non solo dal basso.