A cura di Andrea D’Ammando e Francesca Natale
Nel 2011 Claire Bishop pubblicava Artificial Hells, uno dei testi più significativi e discussi della critica d’arte contemporanea, dedicato, come recita il sottotitolo, all’arte partecipativa e alla politica della spettatorialità. In quel saggio, oltre a intercettare e definire l’orientamento principale dell’arte degli ultimi due decenni – un’arte “partecipativa”, appunto, caratterizzata da una rinnovata attenzione per la dimensione sociale e il rapporto tra dimensione estetica e progetto politico – Bishop aveva il merito di delineare i termini di un dibattito che negli anni precedenti aveva coinvolto, tra gli altri, Nicolas Bourriaud, Grant Kester, Jacques Rancière e Stewart Martin, impegnati a promuovere o a criticare le pratiche artistiche relazionali, dialogiche e collaborative. A distanza di più di un decennio, tuttavia, la svolta sociale dell’arte partecipativa non sembra aver esaurito la propria spinta propulsiva. E anzi, “partecipazione” – forse ancora più di “interattività” e “immersività” – è diventato un termine chiave del lessico artistico e curatoriale, che evoca un campo eterogeneo di pratiche e progetti diretti programmaticamente contro la passività dell’esperienza spettatoriale, la contemplazione “disinteressata”, la pretesa autonomia dell’arte e dei suoi spazi istituzionalizzati e, più in generale, i modi di produzione e di consumo del capitalismo avanzato. Nel corso del Novecento, d’altronde, il tema della partecipazione e di una politica della spettatorialità ha attraversato le riflessioni di molti tra filosofi, artisti e intellettuali, spesso in concomitanza con momenti storici segnati da profonde trasformazioni degli assetti sociali e politici e dall’esigenza di una ricognizione sullo stato di “crisi della cultura”: si pensi, per citare alcuni tra gli esempi più significativi, alle tesi di Benjamin su riproducibilità tecnica e choc, alle critiche all’industria culturale di Adorno e Horkheimer e alle tesi di Debord sulla “società dello spettacolo”.
Negli ultimi anni, complice un dibattito internazionale vivace e produttivo, la nozione di partecipazione si è arricchita e complicata, insieme ai concetti di dialogo, relazione, collaborazione, contesto e intersoggettività. In questo senso, se si accoglie la prospettiva di Bishop e, in parte, di Hal Foster – due tra i critici che maggiormente si sono occupati e continuano ad occuparsi di questi temi – partecipazione, dialogo e collaborazione non costituiscono un obiettivo da raggiungere in quanto tali, ma soltanto nella misura in cui sono in grado di indagare e far emergere la complessità di sfere che toccano, ma non si limitano a coincidere con, quella artistica. Ciò comporta anche, necessariamente, il ripensamento del ruolo dello spettatore e il suo margine d’azione e intervento, dei problemi legati alla nascita di una comunità artistica (a quali condizioni si possa formare, e con quali conseguenze), dello statuto dell’opera d’arte e della sua collocazione all’interno del contesto sociale.
La diffusione del modello partecipativo, d’altra parte, non è limitata al campo artistico e curatoriale. Alla partecipazione si richiamano infatti con sempre maggiore insistenza la teoria politica, gli studi urbani, la progettazione architettonica e urbanistica nonché, naturalmente, tutte quelle esperienze concrete di autorganizzazione e protagonismo sociale che mirano a una riappropriazione e a un ripensamento radicale degli spazi urbani. A questo modello di partecipazione “dal basso” – che orienta pratiche e processi diversi e a volte in conflitto tra loro, dalle occupazioni di luoghi culturali e spazi abitativi alle associazioni in difesa (dell’ideologia) del decoro urbano – si affianca inoltre un’offerta istituzionale di partecipazione, che tende a riassorbire e neutralizzare le istanze politiche e le forme di conflittualità delle pratiche partecipative.
Come suggerito dal titolo, questo numero di Pólemos. Materiali di filosofia e critica sociale si propone lo scopo di promuovere una ricognizione teorica e storica sui principali temi legati alla partecipazione, nel tentativo di individuare una costellazione di termini e concetti in grado di definirne lo statuto e la rilevanza in ambito estetico, artistico e politico.
I curatori invitano a proporre contributi sui seguenti nuclei tematici:
- L’analisi del modello partecipativo in relazione ad alcuni nodi teorici classici dell’estetica quali il disinteresse, la contemplazione e la distanza critica, legati direttamente al tema del giudizio estetico;
- Il rapporto dell’arte partecipativa e pubblica con gli spazi museali e, più in generale, con le istituzioni artistiche e culturali;
- Le differenze e le sovrapposizioni tra le dinamiche strettamente partecipative, collaborative, dialogiche e la loro reinterpretazione nei termini di interattività e immersività;
- Il rapporto artista/spettatore all’interno del modello partecipativo, caratterizzato, per un verso, dalla rinuncia o cessione dell’autorialità, e per un altro, dalla dialettica tra l’intervento e le traiettorie attenzionali del singolo e la dimensione dell’agency collettiva, in concerto con la formazione di una comunità artistica e una (possibile) elaborazione collettiva del significato;
- L’indagine sullo statuto dell’opera d’arte (partecipativa), con particolare attenzione al ripensamento dei concetti di autonomia e qualità estetica, della dialettica forma/contenuto e del rapporto tra visualità e temporalità;
- La rilevanza del concetto di partecipazione all’interno della teoria politica e degli studi urbani contemporanei;
Istruzioni per l’invio
Gli articoli, per un limite massimo di 40.000 caratteri (spazi inclusi), accompagnati da un abstract di 1000 caratteri (in italiano e in inglese), devono essere proposti attraverso l’invio all’indirizzo e-mail cfp@rivistapolemos.it entro il 15 marzo 2022 (in uno dei seguenti formati: .doc, .docx, .odt). Inviare cortesemente articoli e abstract in un unico documento che sia adatto alla revisione anonima. Sono particolarmente graditi contributi direttamente pertinenti alle linee di ricerca suggerite. Articoli concernenti aree filosoficamente connesse al tema saranno ugualmente presi in considerazione. Sono accettati contributi in italiano, inglese, francese, tedesco e spagnolo.