AGIRE POLITICO E FILOSOFIA SPECULATIVA. Alcune considerazioni sullo Hegel jenese

1/2006, [:it]febbraio[:en]February[:] ISBN: 88-901301-0-5pp. 122 - 155

Abstract

Trascorrono forse lunghi periodi prima che una vecchia forma etica possa venir superata dalla nuova; le epoche della filosofia cadono in questi periodi di transizione – la nuova eticità embrionale compenetra più rapidamente l’intera massa fra i popoli più piccoli che non tra i più grandi, in particolare tra i popoli colossi dell’era moderna. Tuttavia, una volta che la nuova eticità è cresciuta sino a questa maturazione nello spirito del popolo e l’oscuro bisogno di essa ha compenetrato tutti gli animi, allora la moltitudine non si sente invero più a proprio agio, ma non sa né cos’è ciò che la spinge, né l’altro che vuole avere; la progrediente natura etica ha potuto far crescere a tal punto la sua neo-formazione sotto la scorza della vecchia, che basterà solo una leggera pressione per far breccia sulla vecchia scorza e procacciare spazio e luce al dispiegarsi della nuova; sono i grandi uomini che in ciò capiscono la natura; essi comprendono in forma vivente e con verità l’ideale del gradino che la natura etica dell’uomo può ormai salire; queste nature più avvedute non fanno altro che pronunciare la parola e i popoli le seguono 1

Si tratta dell’esordio di un noto brano introduttivo alle lezioni hegeliane di logica e metafisica, o filosofia speculativa, conservatoci da Rosenkranz e databile intorno al primo periodo dell’insegnamento jenese (1801-1802). Qui Hegel, dopo aver affermato che la filosofia (la vera filosofia o, appunto, la filosofia speculativa) compare nelle «epoche di transizione», cioè quelle in cui una forma etica ormai maturata dei popoli (come per es. quella antica) sta per essere soppiantata da una completamente nuova – e ciò appare più rapidamente tra i piccoli popoli che non fra i grandi –, si sofferma sulle caratteristiche dei grandi uomini, cioè di quelle figure individuali che compiono nella storia in questo passaggio tra le forme etiche, tra veri e propri «mondi» etici. In una seconda parte dello stesso frammento, poi, come vedremo, Hegel stesso istituisce una precisa corrispondenza tra tale funzione della filosofia nelle epoche di transizione, quale formatrice delle grandi personalità che accelerano e compiono lo sviluppo storico di una nuova forma etica dei popoli, e il rapporto che sul piano speculativo sussiste tra la logica e la metafisica. Si vogliono dunque svolgere qui alcune riflessioni intorno alla concezione hegeliana del rapporto tra filosofia (intesa come autentica filosofia «speculativa») e dimensione dell’agire storico e politico, così come essa si configura negli anni jenesi antecedenti alla pubblicazione della Fenomenologia dello spirito, e tutto ciò a partire dalla lettura del frammento hegeliano di questo periodo riportato dal Rosenkranz2. L’intento è quello di tracciare un quadro di quella che è la particolare posizione filosofica di Hegel in questi anni (1802-1805) riguardo a questo tema, e soprattutto come essa si rifletta in quell’elaborazione sistematica, esposta nei corsi di lezione tenuti in questo periodo, ruotante attorno al nesso concettuale di «logica» e «metafisica». Si vuole sostenere allora come a questo nucleo di progetto sistematico – giuntoci, nella sua formulazione più completa, nei manoscritti di Logica e metafisica del 1804-05[ 3. La traduzione italiana, con relativo commento, a cura di F. Chiereghin, si trova nel prezioso volume: G.W.F. Hegel, Logica e metafisica di Jena (1804/05), Quaderni di verifiche, Trento 1981. ] – corrisponda la peculiare posizione dell’Hegel di questi anni intorno alla concezione del rapporto che il sapere filosofico ha e deve avere con la sfera della politica e in generale con l’agire nella storia; concezione che, al pari del progetto sistematico di Logica e metafisica e della particolare concezione che Hegel ha in questo momento del metodo dialettico, si configura come ancora sensibilmente differente da quella che si riconoscerà nell’elaborazione «matura», cioè post-fenomenologica, di Hegel. Nell’impostazione sistematica dell’Hegel maturo la filosofia, il sapere filosofico in generale, si configura come la comprensione conoscitiva profonda del senso di quello che è il cammino dello spirito del mondo, il cammino della storia, nel progressivo auto-disvelarsi della consapevolezza, da parte dell’uomo, della propria libertà, la quale corrisponde all’auto-sapersi dello spirito stesso. Il ruolo che la filosofia sembra avere qui rispetto alla storia sembra sia sostanzialmente quello di fermarla, di fermare cioè gli orologi del tempo storico, e di darle senso, di trasfigurarla cioè come una configurazione dell’assoluto, dell’eternità3. La svolta fenomenologica del 1806-07, con la sua centralità del concetto di «spirito assoluto» in quanto fondamento, fine ultimo e insieme forma dialettica del processo, ci consegna la concezione del sapere filosofico-speculativo propriamente hegeliano come «sapere assoluto».4

  1. La traduzione italiana di questa parte del frammento originale hegeliano si trova in R. Bodei, Scomposizioni. Forme dell’individuo moderno, Einaudi, Torino 1987, pp. 253-255.
  2. Il frammento compare in K. Rosenkranz, Hegels Leben, Wissenschaftliche Buchgesellschaft, Darmstadt 1963, pp. 189-192; trad. it. di R. Bodei, Vita di Hegel, Vallecchi, Firenze 1966, pp. 205-208. Nell’edizione tedesca delle opere complete di Hegel si trova in Gesammelte Werke, Bd. 5, hg. von M. Baum und K.R. Meist, unter Mitwirkung von T. Ebert, Felix Meiner Verlag, Hamburg 1998, pp. 269-275. La traduzione italiana del frammento originale di Hegel si trova nel già citato volume di Bodei, Scomposizioni, con testo originale a fronte, ma essa riguarda soltanto la prima parte del frammento complessivo riportato da Rosenkranz; per quanto riguarda la seconda parte, invece, quella riguardante l’inquadramento generale preliminare che Hegel fa delle proprie lezioni di logica e metafisica, ci serviremo allora direttamente del testo di Rosenkranz, nella sua traduzione italiana sempre curata da Bodei. Per quanto riguarda le edizioni in lingua tedesca delle opere di Hegel del periodo ienese prese in considerazione in questo lavoro, cfr. G.W.F. Hegel, Differenz des Fichte’schen und Schelling’schen Systems der Philosophie, in Gesammelte Werke, Bd. 4, Jenaer kritische Schriften, hg. von H. Buchner und O. Pöggeler, Meiner, Hamburg 1968; Id., Jenaer Systementwürfe II, hg. von R.P. Horstmann und J.H. Trede, Hamburg 1971.
  3. A proposito dei vari livelli di temporalità presenti nel sistema maturo hegeliano, e in generale sulla complessa struttura della concezione del tempo e sul suo rapporto con la storia e col sapere filosofico nell’Hegel maturo, segnaliamo il prezioso saggio di F. Chiereghin Tempo e storia in Hegel, in «Verifiche», n. 1-2, Trento 1994, pp. 17-52.
  4. Il punto fondamentale per comprendere questa struttura del rapporto tra sapere filosofico e storia nell’Hegel maturo è costituito proprio dal sapere assoluto fenomenologico. È qui che si rivela il nesso immanente e il legame essenziale tra coscienza e spirito, ed è qui che la temporalità fenomenologica nel suo complesso si mostra, nel suo risultato, come un processo speculativo di rivelazione, anzi di auto-rivelazione, di cui la storia della civiltà occidentale come storia universale ne costituisce quasi la proiezione. Nell’ultimo capitolo della Fenomenologia dello spirito, quello appunto sul «Sapere assoluto», Hegel ci dice infatti che l’intero cammino fenomenologico è un processo di memoria, di memoria rivelata, tutta insieme, solo alla fine dell’intero processo, dal momento che la coscienza in quanto tale, di volta in volta non ricordava, nel susseguirsi delle sue varie tappe, come essa fosse risultato delle esperienze precedenti. Il sapere assoluto si configura allora come la compiuta identità di soggetto e oggetto. L’essere dello spirito qui non è più la coscienza, ma il concetto assoluto: lo spirito, cioè, è finalmente pensiero di se stesso, «lógos», e in questo elemento prende avvio e si muove, secondo un proprio ritmo dialettico immanente, la logica speculativa di Hegel. Si può dire che il sapere assoluto hegeliano, così come lo sviluppo, nella Scienza della logica, di quelle pure essenzialità che sono le categorie logiche del concetto assoluto (esse sono tanto realtà quanto pensiero, pensiero=essere), si muove in un orizzonte che è a stretto rigore atemporale, cioè è eterno e in un certo senso sottratto al divenire dell’accadere temporale e storico. Vediamo infatti che nel momento in cui lo spirito viene concepito, sa se stesso, in quello stesso momento viene annullato, a stretto rigore, il tempo dell’accadere fenomenologico e dell’accadere storico, vale a dire essi vengono rivelati nella loro essenza e nella loro totalità come memoria, e vediamo che si ritorna allora circolarmente, da una parte, all’inizio della Fenomenologia, alla certezza sensibile (l’esserci immediato dello spirito), e, dall’altra, siamo ricondotti alla natura e alla storia. La Fenomenologia dello spirito, in questo modo, si presenta come un’introduzione che si autotoglie, in quanto il sapere, nel momento in cui diviene assoluto, si aliena immediatamente da sé, e tale alienazione e sacrificio di sé è costituito appunto, a sua volta, dalla natura e dalla storia. «Questo sacrificio è l’alienazione, in cui lo spirito presenta il suo farsi spirito nella forma del libero, accidentale accadere, intuendo fuori di lui il suo puro Sé come il tempo, e, similmente, il suo essere come spazio» (Hegel, Fenomenologia dello spirito, trad. it. di E. De Negri, La Nuova Italia, Firenze 1988, vol. II, p. 304). Se allora il processo storico, dal punto di vista del sapere assoluto, si distacca dal divenire immediato dello spirito – la natura –, costituendo così l’attività dello spirito in quanto autonomizzato, per così dire, dalla natura, il farsi della storia tuttavia è pur sempre lo spirito alienato nel tempo, cioè mantiene la forma limitata dell’accadere nel tempo, proprio ciò che dal sapere assoluto stesso – del sapere, da parte dello spirito, perfettamente ciò che esso è, quale è la sua sostanza – viene poi tolto. «Ma l’altro lato del farsi dello spirito, la storia, è il farsi che si attua nel sapere e media se stesso, – è lo spirito alienato nel tempo; ma questa alienazione è altrettanto alienazione di se stessa; il negativo è il negativo di se stesso. (…) Consistendo la sua perfezione nel sapere perfettamente ciò che esso è, ossia la sua sostanza, questo sapere è il suo insearsi, nel quale lo spirito abbandona il suo esserci e ne consegna la figura alla memoria» (Ibid.). Il cammino storico viene dunque in questo modo interiorizzato, viene raccolto nella memoria, nella «notte della sua autocoscienza», e con ciò lo spirito ha alienato il suo esserci temporale e storico, rendendolo «passato», cioè dandogli senso. Insomma, in questo punto zero del sapere assoluto, il tempo, e quindi anche la storia, viene annullato nella dimensione dell’assoluta presenzialità, e qui lo spirito si aliena immediatamente, a sua volta, nella coscienza (fenomenologia dello spirito), nella natura e nella storia. Possiamo dire che ognuna di queste facce corrisponde a una forma temporale diversa del manifestarsi dello spirito: come tempo fenomenologico, tempo della natura e tempo della storia, e il sapere assoluto rispetto alla storia si può vedere proprio come questa circolarità del simultaneo farsi altro, in queste forme temporali di estraniazione da se stesso, e tornare in sé.
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