Il volume sviluppa una ricostruzione puntuale e rigorosa della concezione hegeliana del tempo e della storia, condotta attraverso i testi delle lezioni jenesi sulla Realphilosophie del 1805-06 e la Fenomenologia dello Spirito. La questione del tempo in Hegel – questione che delimita a sua volta una costellazione di temi e problemi distinti, quali la natura del rapporto tra tempo e eternità, l’opposizione di tempo sans phrase e tempo dello spirito, la dimensione memoriale del Geist, il ruolo della ragione nella storia, solo per citarne alcuni – è argomento ampiamente dibattuto dai commentatori novecenteschi di Hegel, da Heidegger à Koyré, da Kojève a Derrida, da Bloch a Marcuse. Collocandosi nel solco degli interrogativi dischiusi da queste letture e confrontandosi occasionalmente con esse, il libro ripercorre alcuni luoghi topici del corpus hegeliano jenese, per dissodare formule classiche e canonizzate e presentare una comprensione unitaria e coerente dell’intricato rapporto che tempo naturale, tempo logico e tempo storico intrattengono nell’economia dell’opera hegeliana a Jena e oltre.
La chiave di volta che sostiene l’interpretazione proposta dall’autore, in sintonia con alcune autorevoli voci nel campo degli studi hegeliani, è il dispositivo temporalizzante dell’Erinnerung, cui Hegel conferisce la duplice funzione di memoria e interiorizzazione. Alla memoria è perciò affidato il compito cruciale di trasvalutare il passato e il presente naturale in passato logico, per l’appunto un “passato senza tempo”, come recita il titolo del libro, che riprende una nota chiosa hegeliana alla definizione del Wesen in quanto “essere che è passato”, esposta nella Scienza della Logica.
All’Erinnerung, dunque, spetta l’onerosa mansione di articolare e svolgere in virtù della propria mediazione atemporale quel nesso processuale, non privo di contraddizioni, che collega nel campo speculativo hegeliano l’eternità del concetto e il farsi storia dello spirito.
Ciascuno dei quattro capitoli che compongono la monografia è, in un certo senso, un esperimento volto a saggiare la capacità del meccanismo rammemorante di adempiere a tale funzione, ovvero saldare insieme “la dimensione speculativa con l’esperienza della trasformazione storica”, mostrando “l’apertura alla contingenza come momento necessario dell’eternità del logos” (p.10).
Il primo capitolo si concentra sulle lezioni jenesi del 1805-06 per ricostruire il percorso di costituzione dello spirito attraverso i meccanismi memoriali dell’Erinnerung e del Gedächtnis. Nel sorgere dell’intuizione, attività negatrice dell’esteriorità naturale del tempo e dello spazio, Hegel individua la prima embrionale apparizione del Geist. La produzione di immagini, continuazione e approfondimento dell’atto intuitivo, diventa così condizione dell’emergenza del Sé, in quanto riflessione interiorizzante capace di sintetizzare ricettività e articolazione dell’esteriorità. Il ricordo segna un crescendo di intrinsecazione lungo la traiettoria inaugurata dall’intuizione: l’Erinnerung, infatti, revoca l’indipendenza del dato collegando l’immagine inconscia al dispiegamento del Sé e, proprio per mezzo di questo autoriferimento, condensa e trasfigura l’astratta serialità del tempo empirico. Parallelamente prende corpo una funzione speculare e contraria di Entäusserung che traduce l’immagine in segno. Il linguaggio – con cui il segno si fa nome svincolandosi dal significato – e la memoria (Gedächtnis) – per mezzo della quale “l’io diventa la cosa in quanto fissa in sé l’ordine dei nomi” – partecipano di questo processo di esteriorizzazione del Sé che è la Bildung dell’universo spirituale.
La trama della memoria, perciò, si candida fin da subito a rappresentare un’istanza fondamentale nella tessitura del pensiero – “la memoria è ratio cognoscendi del pensiero, il pensiero ratio essendi della memoria” (p. 51) – e della vita dello spirito, finanche nello sviluppo ulteriore del sistema. Detemporalizzando l’elemento naturale per ritemporalizzarlo spiritualmente, infatti, essa porta a compimento la costituzione del Sé e del mondo.
L’autore sottolinea la consustanzialità del legame che esiste tra il tempo naturale e la mediazione logica operata dall’interiorizzazione memoriale: per un verso il tempo naturale non potrebbe scorrere se non fosse sostenuto dalla spinta di tale mediazione, che separa gli istanti identici e conferisce loro una differenza qualitativa strappandoli all’indifferenza della successione; per un altro verso, questa stessa operazione coincide con il superamento del tempo naturale nel tempo del concetto.
Guardando in prospettiva alla più matura Scienza della Logica, Frilli suggerisce che l’intrinsecazione espletata dalla memoria istituisca un’equazione perfetta e senza resti, da un lato, tra il concetto del tempo, motore atemporale della temporalizzazione, e il Concetto stesso, e, dall’altro, tra il tempo del concetto e l’eternità impersonale del Denken. L’analisi del percorso fenomenologico, a cui sono consacrati i successivi tre capitoli, consente di ripercorre e vagliare dagli albori la genealogia di queste corrispondenze.
La centralità attribuita dalla Fenomenologia alla figura coscienziale riconfigura l’ordine del discorso rispetto alle quasi coeve lezioni jenesi. Approfondimento e condensazione del Sé prefenomenologico, la coscienza è l’espressione più marcata del soggettivismo che governa la scissione del mondo moderno e a cui Hegel, con l’opera del 1807, intende fornire un nuovo quadro di risoluzione destinato a trascendere l’orizzonte comunitario della vita etica per approdare oltre il tempo della comunità, nel tempo della storia della filosofia. In ciò, secondo l’autore, consiste il principale slittamento prodotto dall’itinerario fenomenologico: nella Fenomenologia il superamento del paradigma mortalista, che nei corsi del 1805-06 preservava la vita spirituale della comunità etica a prezzo del sacrificio della vita dei singoli, si traduce nel superamento della comunità etica, quale traguardo della realizzazione dello spirito, a vantaggio dell’elemento speculativo della filosofia e della sua storia.
La nuova cornice storico-temporale inaugurata dalla Fenomenologia viene rintracciata a partire dalle trasformazioni che la funzione rammemorante attraversa nel percorso d’esperienza di una coscienza naturale ostinatamente votata all’atto di contrapporre il proprio sapere all’esteriorità dell’oggetto dato. Se quindi “il tempo è l’asse dell’intero movimento d’esperienza” (p. 100), si tratta di comprendere le caratteristiche del tempo proprio delle singole Gestalten incarnate successivamente dalla coscienza fenomenologica.
Il secondo capitolo esamina da vicino le movenze della certezza sensibile, la prima figura coscienziale abitata da una dimensione memoriale recalcitrante e frammista all’oblio, espressione di un’Erinnerung spuria e ancora intrisa di significativi residui di naturalità, che risospinge alle spalle della coscienza la mediazione logica del tempo naturale agita dal logos, in guisa di una memoria latente. Già nell’istante, l’unità temporale immediata a cui si rapporta il sapere sensibile, affiora l’intreccio di due storie distinte: la Meinungsgeschichte della coscienza, una storia altalenante fatta di ripetuti ‘adesso’, e la storia progressiva del pensiero che ad ogni nuovo stadio di avanzamento del Bewusstsein conferisce una nuova e più adeguata configurazione della relazione tra il sapere e l’oggetto. In altre parole, il tempo naturalizzato della coscienza reca in sé la presenza immanente di un processo logico che produce di volta in volta nuove Gestalten dotate di una complessità crescente. Così il passato logico si costruisce e si stratifica in seno a questo percorso grazie all’Erinnerung dell’esperienza coscienziale che riveste qui “una funzione architettonica” (p. 112): essa è tanto Erinnerung della coscienza, ovvero mediazione logica che si dipana lungo il corso della progressione doxastica, quanto Erinnerung del sapere, ovvero articolazione interna del dispiegamento del pensiero.
Lo svolgimento successivo di questa traiettoria, attraverso la quale emerge la nuova concezione fenomenologica del tempo storico, viene affrontato nel terzo capitolo. Come già accennato, Frilli sostiene che nel designare un nuovo terreno di realizzazione del Geist, adeguato al carattere della modernità e quindi capace di integrare pienamente gli impulsi disgregativi di cui l’individualità moderna è portatrice, Hegel arrivi a scartare l’universo della vita etica, irrimediabilmente viziato dalla presenza di rimanenze premoderne, per volgersi all’orizzonte della storia del pensiero. Benché resti controversa la possibilità di rinvenire nelle lezioni di filosofia dello spirito jenese, come suggerito dall’autore, una concezione dell’eticità improntata al “sostanzialismo” (pp. 72-3, p.121) – sostanzialismo che impregna invece senza alcun dubbio il precedente Sistema dell’eticità (1802-03) rispetto al quale il riferimento alla “totalità etica immediata e già intrinsecamente compatta” parrebbe più pertinente (p.73) – è vero che nella sezione dedicata allo Spirito, e in particolare allo Spirito vero, Hegel espone una critica definitiva dell’eticità classica (un modello in corso di superamento già nei corsi jenesi per mezzo dell’introduzione dell’elemento coscienziale che era del tutto assente nel System) per congedarsi da essa. Di seguito è la Religione rivelata ad inaugurare la nuova configurazione di un ethos post-classico, segnato dall’unificazione mediata dell’individualità singolare e dell’universalità, che l’incarnazione di Cristo esprime nella forma suprema eppure imperfetta della rappresentazione. Se la Menschwerdung, infatti, interiorizza e trasfigura il tempo naturale umano, votato alla mortalità, nella vita dello Spirito, e in pari tempo esteriorizza questa esperienza nel vissuto storico della comunità dei credenti, conferendo a tale processo una portata universale, il medium stesso della Vorstellung resta costitutivamente latore di una scissione non pienamente ricomposta. Il tempo escatologico della cristianità mantiene quindi al proprio interno un’irrimediabile divaricazione tra l’eterno e il contingente, che la Fenomenologia rimanda a risoluzione nello stadio ultimo del Sapere Assoluto, affrontato nel quarto capitolo del volume. È in questa sede che lo spirito si candida a guadagnare la forma della “realtà effettiva libera” evocata da Hegel, tornando a fare i conti con il tempo storico; ed è in questa sede che la dialettica del tempo perviene a compimento nella sintesi dispiegata di Erinnerung e Entässerung. Il sapere si rende ab-solutus non solo grazie al processo di interiorizzazione dell’esteriorità oggettuale, che “riavvolge il filo della storia logica della coscienza” (p.153) eliminando il tempo naturale, ma anche attraverso l’accettazione della propria dipendenza dalla relazione con l’oggettività, e cioè istituendo una storicità che esprime l’ordine del pensiero. Se sia la storia che la natura rappresentano i due domini di estrinsecazione del concetto, solo la prima in quanto “divenire nell’atto del sapere” è improntata al dispiegamento di un movimento rammemorante capace di mediare e conferire senso alla contingenza temporale. Così facendo, il concetto che comprende e ricapitola in sé il corso seriale degli accadimenti, dischiude simultaneamente un processo di storicizzazione del tempo. L’autore si domanda quale sia, giunti a questo punto, “la realtà storica congeniale al concetto” (p. 159) e individua precisamente nella storia della filosofia un simile orizzonte temporale.
Qui la convincente soluzione interpretativa proposta da Frilli suscita nondimeno un paio di interrogativi in relazione al compito e al compimento della filosofia che meritano di essere analizzati dettagliatamente. Se la storia della filosofia articolata dal movimento memoriale dell’Erinnerung, che ne dispone in successione le tappe, è il tempo del concetto, e se la begriff’neGeschichte, in quanto storia concepita e rammemorata dalla speculazione, è sintesi del tempo storico e della memoria fenomenologica, potrebbe sembrare che non vi sia alcuna funzione che il sapere speculativo possa svolgere se non quella di riavvolgere il nastro del passato. La conclusione del volume, del resto, mette a tema la questione, evocando la nozione di “limite” (Grenze) della filosofia, a cui lo stesso Hegel accenna nelle ultime pagine della Fenomenologia, e individuando nel bisogno di filosofia, anima e cardine dell’impresa speculativa hegeliana, quel limite, che a mo’ di un ancoraggio la vincola al presente, scongiurando in ultima istanza qualsiasi ripiegamento e chiusura narcisistica del sapere su se stesso. La mediazione tra il tempo e l’eterno, tra l’oggettività del Denken e la contingenza dell’accadere si darebbe perciò nella forma della “manifestazione sempre inedita di ciò che ritorna” (p. 192).
Il ritorno dell’inedito (e non dell’identico) costituisce certamente una formula efficace per designare la peculiare natura dell’intreccio tra logica e cronologia in seno al pensiero hegeliano. Rimane da determinare il peso specifico che assume il presente per la speculazione all’interno di una lettura passatista, quale quella di Frilli si autoproclama per distinguersi dalle interpretazioni di matrice francese e di ispirazione heideggeriana. Nell’appendice al primo capitolo (“Contro i futurismi”) l’autore colloca la propria lettura in un campo opposto a quello prescelto da una schiera di commentatori novecenteschi che hanno interpretato la temporalità e la dialettica hegeliana a partire dall’avvenire, sostenendo, come ebbe a scrivere Koyré, che in Hegel “il tempo non ci giunge dal passato ma dal futuro”1. Al nesso ekstatico desiderio-morte che fa da perno alla lettura kojèviana – rea di assimilare il tempo al tempo umano sopprimendo senza residui la naturalità del tempo empirico e piegando al servizio di un antropocentrismo assai poco hegeliano la trama del tempo logico – Frilli sostituisce l’elemento della memoria e la divaricazione che essa istituisce tra passato temporale e “passato senza tempo”. Eppure, lasciando da parte le torsioni ermeneutiche operate da Kojève nella riduzione tout court del tempo alla storia del genere umano, troviamo nella sua opera, come anche nelle letture di Koyré e Hyppolite, l’esplicitazione di prospettive teoriche che hanno il merito, seppur a prezzo di parziali semplificazioni e/o forzature, di nominare il problema dell’avvenire (inteso non solo come futuro ma anche come contingente accadere) e di tematizzare in modo implicito il paradosso, solo apparente in termini hegeliani, di quella che potremmo impropriamente chiamare la “compiutezza infinita” del sapere assoluto. In Logique et existence (1952), Hyppolite notava che “il passaggio dalla storia al sapere assoluto, dal temporale all’eterno [che si produce al § 552 dell’Enciclopedia] rappresenta la sintesi dialettica più oscura della filosofia hegeliana”2. A sua volta Koyré, nel suo Hegel à Iena (1934), osservava che “solo il carattere dialettico del tempo rende possibile una filosofia della storia, ma nello stesso tempo il carattere temporale della dialettica la rende impossibile dal momento che, lo si voglia o meno, la filosofia della storia ne costituisce un arresto”. Secondo Koyré, pertanto, “la filosofia della storia, e quindi la filosofia hegeliana, il “sistema”, sarebbero possibili solo se la storia fosse terminata, se non ci fosse più futuro, se il tempo potesse fermarsi”3.
Entrambe le questioni sono traducibili nella necessità di precisare le caratteristiche proprie dello statuto di un sapere che è nel tempo, perché collocato all’interno del divenire storico e non concepibile se non in rapporto con esso, e fuori dal tempo, nella misura in cui il suo contenuto, il principio speculativo della ragione, eccede i limiti della transitorietà temporale.
Le ultime pagine della Fenomenologia accennano alla – tanto nota quanto pluricommentata – eliminazione (tilgen) del tempo da parte del concetto, operazione cui fa tuttavia seguito il dischiudersi di nuovi inizi e nuove figure di mondi. L’Entlassen finale, su cui pure Frilli richiama l’attenzione, per mezzo del quale lo spirito si congeda dalla forma del sapere per concedersi di nuovo all’immediatezza dell’esistente, affermando in questo gesto sacrificale la propria suprema libertà, è il suggello di un rinnovato rapporto con l’empirico e la contingenza senza il quale non sarebbe possibile pervenire a nessuna “manifestazione inedita”, ma soltanto imbalsamare le epoche trascorse.
Se perciò la re-immersione del concetto nel tempo al termine della Fenomenologia non va pensata come un esercizio formale, occorre determinare le fattezze temporali e speculative di quella compiutezza infinita che pertiene al sapere assoluto e che si de-finisce (cioè si determina e si rende con ciò finita) ad ogni nuova riconfigurazione storica, adottando il punto di vista parziale e prospettico del presente.
L’attività del concetto, che per un verso restituisce l’oggettività del pensiero e per un altro governa l’unità processuale di tutte le manifestazioni del Geist, si dispiega al presente non solo nella rammemorazione speculativa del passato che inanella e articola la serie degli accadimenti nella tessitura logica del Denken, ma anche nel riconoscimento e nella comprensione al presente di quei fenomeni di transizione attraverso cui nuove epoche storiche avanzano a prendere il posto delle precedenti e nella critica della positività, ovvero del permanere surrettizio di rimanenze parassitarie del vecchio mondo all’interno del nuovo.
Inoltre, se la formula del “passato senza tempo”, quale passato atemporale temporalizzante che è risultato della mediazione logica, appare perfetta per designare la funzione dell’Erinnerung che ha un ruolo fondamentale nella costruzione della speculazione hegeliana, resta da capire se sia possibile attribuire al concetto un’istanza non unicamente rammemorante né stricto sensu storicizzante, e se sia possibile individuare un’opzione temporalizzante che non si traduca soltanto nella detemporalizzazione del tempo empirico, ovvero una temporalizzazione non riducibile alla sola movenza di convertire il passato temporale in passato logico. In tal caso quale sarebbe la qualità di una simile temporalizzazione e in che misura la si potrebbe candidare ad incarnare lo Standpunkt del presente? Ad entrambe le ipotesi è possibile rispondere positivamente. Da un lato richiamando, a fianco dell’organizzazione concettuale della serie contingente degli accadimenti (begriff’ne Geschichte), il compito pratico – trattasi di un fare/thun – per la filosofia di rendere la propria epoca autocosciente, illuminando “la piena struttura del nuovo mondo”, permettendo allo spirito di riconoscersi in essa e operando per mezzo della propria razionalità su e contro la persistenze del positivo, come anche sulle contraddizioni che da esso derivano. Dall’altro ricordando che il sapere assoluto, culmine e trascendimento del sapere fenomenologico, manifesta la necessità di alienarsi dalla forma del concetto puro, di darsi esistenza concreta, di calarsi nella negatività del tempo e nutrirsi in essa. Come ricorda C. Bouton nel suo libro4, la negatività del tempo, elemento dello sviluppo dello spirito, è infatti condizione necessaria e imprescindibile del processo attraverso sui lo spirito converte il tempo in storia.
Il sapere assoluto è perciò nel tempo in due sensi: è attività dello spirito che, come tale, si dà necessariamente nel tempo, dimensione puntualmente eliminata, ma a ben vedere ineliminabile, del suo esistere; ed è sapere sorto con Hegel al compimento di un processo storico e storico-filosofico che si pone come sua condizione di possibilità, nella misura in cui tale sapere incarna proprio la piena comprensione (begreifen) della storia del mondo e della storia del pensiero. Tale traguardo esprime un risultato temporalmente totale e parziale, che consiste per l’appunto nella totalizzazione parziale – für jetzt, come sottolinea Hegel nelle Lezioni sulla storia della filosofia – del concetto e della negatività del tempo. Il presente storico (non assimilabile al presentismo della parousia heideggeriana) traduce perciò un’istanza di parzialità e di compiutezza, e si qualifica come un presente della tempestività capace di rapportarsi alla contingenza degli accadimenti e di esprimere la coappartenenza costitutiva al proprio tempo.
C’è quindi un tempo del concetto che non è riducibile al concetto del tempo (all’eternità), ed è proprio il suo contingente accadere nell’hic et nunc del presente dell’impresa hegeliana. Per questo si tratta di pensare il tempo del concetto, inteso come il tempo in cui il sapere giunge contingentemente a compimento e come il presente contingente che il sapere reiteratamente, di volta in volta, si trova a dover concepire – e quindi anche il nostro presente – non solo come propone Adorno, alla stregua di un “momento del concetto”, ma anche come banco di prova della libertà speculativa del Begriff: la prova, parafrasando il titolo del volume di B. Mabille5, prevedibile e inattesa della contingenza, non completamente sussumibile all’ordito razionale dell’inconscio del mondo.
Mascat, Jamila M.H.."Guido, Frilli, Passato senza tempo. Tempo, storia e memoria nella Fenomenologia dello Spirito di Hegel,Verifiche, Padova 2015, pp. 210.". PólemosIX. 1. (2016): 264-271https://www.rivistapolemos.it/guido-frilli-passato-senza-tempo-tempo-storia-e-memoria-nella-fenomenologia-dello-spirito-di-hegelverifiche-padova-2015-pp-210/?lang=it
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Mascat, J.(2016). "Guido, Frilli, Passato senza tempo. Tempo, storia e memoria nella Fenomenologia dello Spirito di Hegel,Verifiche, Padova 2015, pp. 210.". PólemosIX. (1). 264-271https://www.rivistapolemos.it/guido-frilli-passato-senza-tempo-tempo-storia-e-memoria-nella-fenomenologia-dello-spirito-di-hegelverifiche-padova-2015-pp-210/?lang=it
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Mascat, Jamila M.H..2016. "Guido, Frilli, Passato senza tempo. Tempo, storia e memoria nella Fenomenologia dello Spirito di Hegel,Verifiche, Padova 2015, pp. 210.". PólemosIX (1). Donzelli Editore: 264-271. https://www.rivistapolemos.it/guido-frilli-passato-senza-tempo-tempo-storia-e-memoria-nella-fenomenologia-dello-spirito-di-hegelverifiche-padova-2015-pp-210/?lang=it
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TY - JOUR
A1 - Mascat, Jamila M.H.
PY - 2016
TI - Guido, Frilli, Passato senza tempo. Tempo, storia e memoria nella Fenomenologia dello Spirito di Hegel,Verifiche, Padova 2015, pp. 210.
JO - Plemos
SN - 9788899871031/2281-9517
AB - Il volume sviluppa una ricostruzione puntuale e rigorosa della concezione hegeliana del tempo e della storia, condotta attraverso i testi delle lezioni jenesi sulla Realphilosophie del 1805-06 e la Fenomenologia dello Spirito. La questione del tempo in Hegel – questione che delimita a sua volta una costellazione di temi e problemi distinti, quali la natura del rapporto tra tempo e eternità, l'opposizione di tempo sans phrase e tempo dello spirito, la dimensione memoriale del Geist, il ruolo della ragione nella storia, solo per citarne alcuni – è argomento ampiamente dibattuto dai commentatori novecenteschi di Hegel, da Heidegger à Koyré, da Kojève a Derrida, da Bloch a Marcuse. Collocandosi nel solco degli interrogativi dischiusi da queste letture e confrontandosi occasionalmente con esse, il libro ripercorre alcuni luoghi topici del corpus hegeliano jenese, per dissodare formule classiche e canonizzate e presentare una comprensione unitaria e coerente dell'intricato rapporto che tempo naturale, tempo logico e tempo storico intrattengono nell'economia dell'opera hegeliana a Jena e oltre.
La chiave di volta che sostiene l'interpretazione proposta dall'autore, in sintonia con alcune autorevoli voci nel campo degli studi hegeliani, è il dispositivo temporalizzante dell'Erinnerung, cui Hegel conferisce la duplice funzione di memoria e interiorizzazione. Alla memoria è perciò affidato il compito cruciale di trasvalutare il passato e il presente naturale in passato logico, per l'appunto un “passato senza tempo”, come recita il titolo del libro, che riprende una nota chiosa hegeliana alla definizione del Wesen in quanto “essere che è passato”, esposta nella Scienza della Logica.
All'Erinnerung, dunque, spetta l'onerosa mansione di articolare e svolgere in virtù della propria mediazione atemporale quel nesso processuale, non privo di contraddizioni, che collega nel campo speculativo hegeliano l'eternità del concetto e il farsi storia dello spirito.
Ciascuno dei quattro capitoli che compongono la monografia è, in un certo senso, un esperimento volto a saggiare la capacità del meccanismo rammemorante di adempiere a tale funzione, ovvero saldare insieme “la dimensione speculativa con l'esperienza della trasformazione storica”, mostrando “l'apertura alla contingenza come momento necessario dell'eternità del logos” (p.10).
Il primo capitolo si concentra sulle lezioni jenesi del 1805-06 per ricostruire il percorso di costituzione dello spirito attraverso i meccanismi memoriali dell'Erinnerung e del Gedächtnis. Nel sorgere dell'intuizione, attività negatrice dell'esteriorità naturale del tempo e dello spazio, Hegel individua la prima embrionale apparizione del Geist. La produzione di immagini, continuazione e approfondimento dell'atto intuitivo, diventa così condizione dell'emergenza del Sé, in quanto riflessione interiorizzante capace di sintetizzare ricettività e articolazione dell'esteriorità. Il ricordo segna un crescendo di intrinsecazione lungo la traiettoria inaugurata dall'intuizione: l'Erinnerung, infatti, revoca l'indipendenza del dato collegando l'immagine inconscia al dispiegamento del Sé e, proprio per mezzo di questo autoriferimento, condensa e trasfigura l'astratta serialità del tempo empirico. Parallelamente prende corpo una funzione speculare e contraria di Entäusserung che traduce l'immagine in segno. Il linguaggio – con cui il segno si fa nome svincolandosi dal significato – e la memoria (Gedächtnis) – per mezzo della quale “l'io diventa la cosa in quanto fissa in sé l'ordine dei nomi” – partecipano di questo processo di esteriorizzazione del Sé che è la Bildung dell'universo spirituale.
La trama della memoria, perciò, si candida fin da subito a rappresentare un'istanza fondamentale nella tessitura del pensiero – “la memoria è ratio cognoscendi del pensiero, il pensiero ratio essendi della memoria” (p. 51) – e della vita dello spirito, finanche nello sviluppo ulteriore del sistema. Detemporalizzando l'elemento naturale per ritemporalizzarlo spiritualmente, infatti, essa porta a compimento la costituzione del Sé e del mondo.
L'autore sottolinea la consustanzialità del legame che esiste tra il tempo naturale e la mediazione logica operata dall'interiorizzazione memoriale: per un verso il tempo naturale non potrebbe scorrere se non fosse sostenuto dalla spinta di tale mediazione, che separa gli istanti identici e conferisce loro una differenza qualitativa strappandoli all'indifferenza della successione; per un altro verso, questa stessa operazione coincide con il superamento del tempo naturale nel tempo del concetto.
Guardando in prospettiva alla più matura Scienza della Logica, Frilli suggerisce che l'intrinsecazione espletata dalla memoria istituisca un'equazione perfetta e senza resti, da un lato, tra il concetto del tempo, motore atemporale della temporalizzazione, e il Concetto stesso, e, dall'altro, tra il tempo del concetto e l'eternità impersonale del Denken. L'analisi del percorso fenomenologico, a cui sono consacrati i successivi tre capitoli, consente di ripercorre e vagliare dagli albori la genealogia di queste corrispondenze.
La centralità attribuita dalla Fenomenologia alla figura coscienziale riconfigura l'ordine del discorso rispetto alle quasi coeve lezioni jenesi. Approfondimento e condensazione del Sé prefenomenologico, la coscienza è l'espressione più marcata del soggettivismo che governa la scissione del mondo moderno e a cui Hegel, con l'opera del 1807, intende fornire un nuovo quadro di risoluzione destinato a trascendere l'orizzonte comunitario della vita etica per approdare oltre il tempo della comunità, nel tempo della storia della filosofia. In ciò, secondo l'autore, consiste il principale slittamento prodotto dall'itinerario fenomenologico: nella Fenomenologia il superamento del paradigma mortalista, che nei corsi del 1805-06 preservava la vita spirituale della comunità etica a prezzo del sacrificio della vita dei singoli, si traduce nel superamento della comunità etica, quale traguardo della realizzazione dello spirito, a vantaggio dell'elemento speculativo della filosofia e della sua storia.
La nuova cornice storico-temporale inaugurata dalla Fenomenologia viene rintracciata a partire dalle trasformazioni che la funzione rammemorante attraversa nel percorso d'esperienza di una coscienza naturale ostinatamente votata all'atto di contrapporre il proprio sapere all'esteriorità dell'oggetto dato. Se quindi “il tempo è l'asse dell'intero movimento d'esperienza” (p. 100), si tratta di comprendere le caratteristiche del tempo proprio delle singole Gestalten incarnate successivamente dalla coscienza fenomenologica.
Il secondo capitolo esamina da vicino le movenze della certezza sensibile, la prima figura coscienziale abitata da una dimensione memoriale recalcitrante e frammista all'oblio, espressione di un'Erinnerung spuria e ancora intrisa di significativi residui di naturalità, che risospinge alle spalle della coscienza la mediazione logica del tempo naturale agita dal logos, in guisa di una memoria latente. Già nell'istante, l'unità temporale immediata a cui si rapporta il sapere sensibile, affiora l'intreccio di due storie distinte: la Meinungsgeschichte della coscienza, una storia altalenante fatta di ripetuti 'adesso', e la storia progressiva del pensiero che ad ogni nuovo stadio di avanzamento del Bewusstsein conferisce una nuova e più adeguata configurazione della relazione tra il sapere e l'oggetto. In altre parole, il tempo naturalizzato della coscienza reca in sé la presenza immanente di un processo logico che produce di volta in volta nuove Gestalten dotate di una complessità crescente. Così il passato logico si costruisce e si stratifica in seno a questo percorso grazie all'Erinnerung dell'esperienza coscienziale che riveste qui “una funzione architettonica” (p. 112): essa è tanto Erinnerung della coscienza, ovvero mediazione logica che si dipana lungo il corso della progressione doxastica, quanto Erinnerung del sapere, ovvero articolazione interna del dispiegamento del pensiero.
Lo svolgimento successivo di questa traiettoria, attraverso la quale emerge la nuova concezione fenomenologica del tempo storico, viene affrontato nel terzo capitolo. Come già accennato, Frilli sostiene che nel designare un nuovo terreno di realizzazione del Geist, adeguato al carattere della modernità e quindi capace di integrare pienamente gli impulsi disgregativi di cui l'individualità moderna è portatrice, Hegel arrivi a scartare l'universo della vita etica, irrimediabilmente viziato dalla presenza di rimanenze premoderne, per volgersi all'orizzonte della storia del pensiero. Benché resti controversa la possibilità di rinvenire nelle lezioni di filosofia dello spirito jenese, come suggerito dall'autore, una concezione dell'eticità improntata al “sostanzialismo” (pp. 72-3, p.121) – sostanzialismo che impregna invece senza alcun dubbio il precedente Sistema dell'eticità (1802-03) rispetto al quale il riferimento alla “totalità etica immediata e già intrinsecamente compatta” parrebbe più pertinente (p.73) – è vero che nella sezione dedicata allo Spirito, e in particolare allo Spirito vero, Hegel espone una critica definitiva dell'eticità classica (un modello in corso di superamento già nei corsi jenesi per mezzo dell'introduzione dell'elemento coscienziale che era del tutto assente nel System) per congedarsi da essa. Di seguito è la Religione rivelata ad inaugurare la nuova configurazione di un ethos post-classico, segnato dall'unificazione mediata dell'individualità singolare e dell'universalità, che l'incarnazione di Cristo esprime nella forma suprema eppure imperfetta della rappresentazione. Se la Menschwerdung, infatti, interiorizza e trasfigura il tempo naturale umano, votato alla mortalità, nella vita dello Spirito, e in pari tempo esteriorizza questa esperienza nel vissuto storico della comunità dei credenti, conferendo a tale processo una portata universale, il medium stesso della Vorstellung resta costitutivamente latore di una scissione non pienamente ricomposta. Il tempo escatologico della cristianità mantiene quindi al proprio interno un'irrimediabile divaricazione tra l'eterno e il contingente, che la Fenomenologia rimanda a risoluzione nello stadio ultimo del Sapere Assoluto, affrontato nel quarto capitolo del volume. È in questa sede che lo spirito si candida a guadagnare la forma della “realtà effettiva libera” evocata da Hegel, tornando a fare i conti con il tempo storico; ed è in questa sede che la dialettica del tempo perviene a compimento nella sintesi dispiegata di Erinnerung e Entässerung. Il sapere si rende ab-solutus non solo grazie al processo di interiorizzazione dell'esteriorità oggettuale, che “riavvolge il filo della storia logica della coscienza” (p.153) eliminando il tempo naturale, ma anche attraverso l'accettazione della propria dipendenza dalla relazione con l'oggettività, e cioè istituendo una storicità che esprime l'ordine del pensiero. Se sia la storia che la natura rappresentano i due domini di estrinsecazione del concetto, solo la prima in quanto “divenire nell'atto del sapere” è improntata al dispiegamento di un movimento rammemorante capace di mediare e conferire senso alla contingenza temporale. Così facendo, il concetto che comprende e ricapitola in sé il corso seriale degli accadimenti, dischiude simultaneamente un processo di storicizzazione del tempo. L'autore si domanda quale sia, giunti a questo punto, “la realtà storica congeniale al concetto” (p. 159) e individua precisamente nella storia della filosofia un simile orizzonte temporale.
Qui la convincente soluzione interpretativa proposta da Frilli suscita nondimeno un paio di interrogativi in relazione al compito e al compimento della filosofia che meritano di essere analizzati dettagliatamente. Se la storia della filosofia articolata dal movimento memoriale dell'Erinnerung, che ne dispone in successione le tappe, è il tempo del concetto, e se la begriff'ne Geschichte, in quanto storia concepita e rammemorata dalla speculazione, è sintesi del tempo storico e della memoria fenomenologica, potrebbe sembrare che non vi sia alcuna funzione che il sapere speculativo possa svolgere se non quella di riavvolgere il nastro del passato. La conclusione del volume, del resto, mette a tema la questione, evocando la nozione di “limite” (Grenze) della filosofia, a cui lo stesso Hegel accenna nelle ultime pagine della Fenomenologia, e individuando nel bisogno di filosofia, anima e cardine dell'impresa speculativa hegeliana, quel limite, che a mo' di un ancoraggio la vincola al presente, scongiurando in ultima istanza qualsiasi ripiegamento e chiusura narcisistica del sapere su se stesso. La mediazione tra il tempo e l'eterno, tra l'oggettività del Denken e la contingenza dell'accadere si darebbe perciò nella forma della “manifestazione sempre inedita di ciò che ritorna” (p. 192).
Il ritorno dell'inedito (e non dell'identico) costituisce certamente una formula efficace per designare la peculiare natura dell'intreccio tra logica e cronologia in seno al pensiero hegeliano. Rimane da determinare il peso specifico che assume il presente per la speculazione all'interno di una lettura passatista, quale quella di Frilli si autoproclama per distinguersi dalle interpretazioni di matrice francese e di ispirazione heideggeriana. Nell'appendice al primo capitolo (“Contro i futurismi”) l'autore colloca la propria lettura in un campo opposto a quello prescelto da una schiera di commentatori novecenteschi che hanno interpretato la temporalità e la dialettica hegeliana a partire dall'avvenire, sostenendo, come ebbe a scrivere Koyré, che in Hegel “il tempo non ci giunge dal passato ma dal futuro”1. Al nesso ekstatico desiderio-morte che fa da perno alla lettura kojèviana – rea di assimilare il tempo al tempo umano sopprimendo senza residui la naturalità del tempo empirico e piegando al servizio di un antropocentrismo assai poco hegeliano la trama del tempo logico – Frilli sostituisce l'elemento della memoria e la divaricazione che essa istituisce tra passato temporale e “passato senza tempo”. Eppure, lasciando da parte le torsioni ermeneutiche operate da Kojève nella riduzione tout court del tempo alla storia del genere umano, troviamo nella sua opera, come anche nelle letture di Koyré e Hyppolite, l'esplicitazione di prospettive teoriche che hanno il merito, seppur a prezzo di parziali semplificazioni e/o forzature, di nominare il problema dell'avvenire (inteso non solo come futuro ma anche come contingente accadere) e di tematizzare in modo implicito il paradosso, solo apparente in termini hegeliani, di quella che potremmo impropriamente chiamare la “compiutezza infinita” del sapere assoluto. In Logique et existence (1952), Hyppolite notava che “il passaggio dalla storia al sapere assoluto, dal temporale all'eterno [che si produce al § 552 dell'Enciclopedia] rappresenta la sintesi dialettica più oscura della filosofia hegeliana”2. A sua volta Koyré, nel suo Hegel à Iena (1934), osservava che “solo il carattere dialettico del tempo rende possibile una filosofia della storia, ma nello stesso tempo il carattere temporale della dialettica la rende impossibile dal momento che, lo si voglia o meno, la filosofia della storia ne costituisce un arresto”. Secondo Koyré, pertanto, “la filosofia della storia, e quindi la filosofia hegeliana, il "sistema", sarebbero possibili solo se la storia fosse terminata, se non ci fosse più futuro, se il tempo potesse fermarsi”3.
Entrambe le questioni sono traducibili nella necessità di precisare le caratteristiche proprie dello statuto di un sapere che è nel tempo, perché collocato all'interno del divenire storico e non concepibile se non in rapporto con esso, e fuori dal tempo, nella misura in cui il suo contenuto, il principio speculativo della ragione, eccede i limiti della transitorietà temporale.
Le ultime pagine della Fenomenologia accennano alla – tanto nota quanto pluricommentata – eliminazione (tilgen) del tempo da parte del concetto, operazione cui fa tuttavia seguito il dischiudersi di nuovi inizi e nuove figure di mondi. L'Entlassen finale, su cui pure Frilli richiama l'attenzione, per mezzo del quale lo spirito si congeda dalla forma del sapere per concedersi di nuovo all'immediatezza dell'esistente, affermando in questo gesto sacrificale la propria suprema libertà, è il suggello di un rinnovato rapporto con l'empirico e la contingenza senza il quale non sarebbe possibile pervenire a nessuna “manifestazione inedita”, ma soltanto imbalsamare le epoche trascorse.
Se perciò la re-immersione del concetto nel tempo al termine della Fenomenologia non va pensata come un esercizio formale, occorre determinare le fattezze temporali e speculative di quella compiutezza infinita che pertiene al sapere assoluto e che si de-finisce (cioè si determina e si rende con ciò finita) ad ogni nuova riconfigurazione storica, adottando il punto di vista parziale e prospettico del presente.
L'attività del concetto, che per un verso restituisce l'oggettività del pensiero e per un altro governa l'unità processuale di tutte le manifestazioni del Geist, si dispiega al presente non solo nella rammemorazione speculativa del passato che inanella e articola la serie degli accadimenti nella tessitura logica del Denken, ma anche nel riconoscimento e nella comprensione al presente di quei fenomeni di transizione attraverso cui nuove epoche storiche avanzano a prendere il posto delle precedenti e nella critica della positività, ovvero del permanere surrettizio di rimanenze parassitarie del vecchio mondo all'interno del nuovo.
Inoltre, se la formula del “passato senza tempo”, quale passato atemporale temporalizzante che è risultato della mediazione logica, appare perfetta per designare la funzione dell'Erinnerung che ha un ruolo fondamentale nella costruzione della speculazione hegeliana, resta da capire se sia possibile attribuire al concetto un'istanza non unicamente rammemorante né stricto sensu storicizzante, e se sia possibile individuare un'opzione temporalizzante che non si traduca soltanto nella detemporalizzazione del tempo empirico, ovvero una temporalizzazione non riducibile alla sola movenza di convertire il passato temporale in passato logico. In tal caso quale sarebbe la qualità di una simile temporalizzazione e in che misura la si potrebbe candidare ad incarnare lo Standpunkt del presente? Ad entrambe le ipotesi è possibile rispondere positivamente. Da un lato richiamando, a fianco dell'organizzazione concettuale della serie contingente degli accadimenti (begriff'ne Geschichte), il compito pratico – trattasi di un fare/thun – per la filosofia di rendere la propria epoca autocosciente, illuminando “la piena struttura del nuovo mondo”, permettendo allo spirito di riconoscersi in essa e operando per mezzo della propria razionalità su e contro la persistenze del positivo, come anche sulle contraddizioni che da esso derivano. Dall'altro ricordando che il sapere assoluto, culmine e trascendimento del sapere fenomenologico, manifesta la necessità di alienarsi dalla forma del concetto puro, di darsi esistenza concreta, di calarsi nella negatività del tempo e nutrirsi in essa. Come ricorda C. Bouton nel suo libro4, la negatività del tempo, elemento dello sviluppo dello spirito, è infatti condizione necessaria e imprescindibile del processo attraverso sui lo spirito converte il tempo in storia.
Il sapere assoluto è perciò nel tempo in due sensi: è attività dello spirito che, come tale, si dà necessariamente nel tempo, dimensione puntualmente eliminata, ma a ben vedere ineliminabile, del suo esistere; ed è sapere sorto con Hegel al compimento di un processo storico e storico-filosofico che si pone come sua condizione di possibilità, nella misura in cui tale sapere incarna proprio la piena comprensione (begreifen) della storia del mondo e della storia del pensiero. Tale traguardo esprime un risultato temporalmente totale e parziale, che consiste per l'appunto nella totalizzazione parziale – für jetzt, come sottolinea Hegel nelle Lezioni sulla storia della filosofia – del concetto e della negatività del tempo. Il presente storico (non assimilabile al presentismo della parousia heideggeriana) traduce perciò un'istanza di parzialità e di compiutezza, e si qualifica come un presente della tempestività capace di rapportarsi alla contingenza degli accadimenti e di esprimere la coappartenenza costitutiva al proprio tempo.
C'è quindi un tempo del concetto che non è riducibile al concetto del tempo (all'eternità), ed è proprio il suo contingente accadere nell'hic et nunc del presente dell'impresa hegeliana. Per questo si tratta di pensare il tempo del concetto, inteso come il tempo in cui il sapere giunge contingentemente a compimento e come il presente contingente che il sapere reiteratamente, di volta in volta, si trova a dover concepire – e quindi anche il nostro presente – non solo come propone Adorno, alla stregua di un “momento del concetto”, ma anche come banco di prova della libertà speculativa del Begriff: la prova, parafrasando il titolo del volume di B. Mabille5, prevedibile e inattesa della contingenza, non completamente sussumibile all'ordito razionale dell'inconscio del mondo.
SE - 1/2016
DA - 2016
KW - memoria KW - Hegel KW - Fenomenologia dello spirito KW - Guido Frilli KW - Erinerrung
UR - https://www.rivistapolemos.it/guido-frilli-passato-senza-tempo-tempo-storia-e-memoria-nella-fenomenologia-dello-spirito-di-hegelverifiche-padova-2015-pp-210/?lang=it
DO - 10.19280/P2016-0014
PB - Donzelli Editore
LA - it
SP - 264
EP - 271
ER -
@article{1019280/P20160014,
author = {Jamila M.H. Mascat},
title = {Guido, Frilli, Passato senza tempo. Tempo, storia e memoria nella Fenomenologia dello Spirito di Hegel,Verifiche, Padova 2015, pp. 210.},
publisher = {Donzelli Editore},
year = {2016},
ISBN = {9788899871031},
issn = {2281-9517},
abstract = {Il volume sviluppa una ricostruzione puntuale e rigorosa della concezione hegeliana del tempo e della storia, condotta attraverso i testi delle lezioni jenesi sulla Realphilosophie del 1805-06 e la Fenomenologia dello Spirito. La questione del tempo in Hegel – questione che delimita a sua volta una costellazione di temi e problemi distinti, quali la natura del rapporto tra tempo e eternità, l'opposizione di tempo sans phrase e tempo dello spirito, la dimensione memoriale del Geist, il ruolo della ragione nella storia, solo per citarne alcuni – è argomento ampiamente dibattuto dai commentatori novecenteschi di Hegel, da Heidegger à Koyré, da Kojève a Derrida, da Bloch a Marcuse. Collocandosi nel solco degli interrogativi dischiusi da queste letture e confrontandosi occasionalmente con esse, il libro ripercorre alcuni luoghi topici del corpus hegeliano jenese, per dissodare formule classiche e canonizzate e presentare una comprensione unitaria e coerente dell'intricato rapporto che tempo naturale, tempo logico e tempo storico intrattengono nell'economia dell'opera hegeliana a Jena e oltre.
La chiave di volta che sostiene l'interpretazione proposta dall'autore, in sintonia con alcune autorevoli voci nel campo degli studi hegeliani, è il dispositivo temporalizzante dell'Erinnerung, cui Hegel conferisce la duplice funzione di memoria e interiorizzazione. Alla memoria è perciò affidato il compito cruciale di trasvalutare il passato e il presente naturale in passato logico, per l'appunto un “passato senza tempo”, come recita il titolo del libro, che riprende una nota chiosa hegeliana alla definizione del Wesen in quanto “essere che è passato”, esposta nella Scienza della Logica.
All'Erinnerung, dunque, spetta l'onerosa mansione di articolare e svolgere in virtù della propria mediazione atemporale quel nesso processuale, non privo di contraddizioni, che collega nel campo speculativo hegeliano l'eternità del concetto e il farsi storia dello spirito.
Ciascuno dei quattro capitoli che compongono la monografia è, in un certo senso, un esperimento volto a saggiare la capacità del meccanismo rammemorante di adempiere a tale funzione, ovvero saldare insieme “la dimensione speculativa con l'esperienza della trasformazione storica”, mostrando “l'apertura alla contingenza come momento necessario dell'eternità del logos” (p.10).
Il primo capitolo si concentra sulle lezioni jenesi del 1805-06 per ricostruire il percorso di costituzione dello spirito attraverso i meccanismi memoriali dell'Erinnerung e del Gedächtnis. Nel sorgere dell'intuizione, attività negatrice dell'esteriorità naturale del tempo e dello spazio, Hegel individua la prima embrionale apparizione del Geist. La produzione di immagini, continuazione e approfondimento dell'atto intuitivo, diventa così condizione dell'emergenza del Sé, in quanto riflessione interiorizzante capace di sintetizzare ricettività e articolazione dell'esteriorità. Il ricordo segna un crescendo di intrinsecazione lungo la traiettoria inaugurata dall'intuizione: l'Erinnerung, infatti, revoca l'indipendenza del dato collegando l'immagine inconscia al dispiegamento del Sé e, proprio per mezzo di questo autoriferimento, condensa e trasfigura l'astratta serialità del tempo empirico. Parallelamente prende corpo una funzione speculare e contraria di Entäusserung che traduce l'immagine in segno. Il linguaggio – con cui il segno si fa nome svincolandosi dal significato – e la memoria (Gedächtnis) – per mezzo della quale “l'io diventa la cosa in quanto fissa in sé l'ordine dei nomi” – partecipano di questo processo di esteriorizzazione del Sé che è la Bildung dell'universo spirituale.
La trama della memoria, perciò, si candida fin da subito a rappresentare un'istanza fondamentale nella tessitura del pensiero – “la memoria è ratio cognoscendi del pensiero, il pensiero ratio essendi della memoria” (p. 51) – e della vita dello spirito, finanche nello sviluppo ulteriore del sistema. Detemporalizzando l'elemento naturale per ritemporalizzarlo spiritualmente, infatti, essa porta a compimento la costituzione del Sé e del mondo.
L'autore sottolinea la consustanzialità del legame che esiste tra il tempo naturale e la mediazione logica operata dall'interiorizzazione memoriale: per un verso il tempo naturale non potrebbe scorrere se non fosse sostenuto dalla spinta di tale mediazione, che separa gli istanti identici e conferisce loro una differenza qualitativa strappandoli all'indifferenza della successione; per un altro verso, questa stessa operazione coincide con il superamento del tempo naturale nel tempo del concetto.
Guardando in prospettiva alla più matura Scienza della Logica, Frilli suggerisce che l'intrinsecazione espletata dalla memoria istituisca un'equazione perfetta e senza resti, da un lato, tra il concetto del tempo, motore atemporale della temporalizzazione, e il Concetto stesso, e, dall'altro, tra il tempo del concetto e l'eternità impersonale del Denken. L'analisi del percorso fenomenologico, a cui sono consacrati i successivi tre capitoli, consente di ripercorre e vagliare dagli albori la genealogia di queste corrispondenze.
La centralità attribuita dalla Fenomenologia alla figura coscienziale riconfigura l'ordine del discorso rispetto alle quasi coeve lezioni jenesi. Approfondimento e condensazione del Sé prefenomenologico, la coscienza è l'espressione più marcata del soggettivismo che governa la scissione del mondo moderno e a cui Hegel, con l'opera del 1807, intende fornire un nuovo quadro di risoluzione destinato a trascendere l'orizzonte comunitario della vita etica per approdare oltre il tempo della comunità, nel tempo della storia della filosofia. In ciò, secondo l'autore, consiste il principale slittamento prodotto dall'itinerario fenomenologico: nella Fenomenologia il superamento del paradigma mortalista, che nei corsi del 1805-06 preservava la vita spirituale della comunità etica a prezzo del sacrificio della vita dei singoli, si traduce nel superamento della comunità etica, quale traguardo della realizzazione dello spirito, a vantaggio dell'elemento speculativo della filosofia e della sua storia.
La nuova cornice storico-temporale inaugurata dalla Fenomenologia viene rintracciata a partire dalle trasformazioni che la funzione rammemorante attraversa nel percorso d'esperienza di una coscienza naturale ostinatamente votata all'atto di contrapporre il proprio sapere all'esteriorità dell'oggetto dato. Se quindi “il tempo è l'asse dell'intero movimento d'esperienza” (p. 100), si tratta di comprendere le caratteristiche del tempo proprio delle singole Gestalten incarnate successivamente dalla coscienza fenomenologica.
Il secondo capitolo esamina da vicino le movenze della certezza sensibile, la prima figura coscienziale abitata da una dimensione memoriale recalcitrante e frammista all'oblio, espressione di un'Erinnerung spuria e ancora intrisa di significativi residui di naturalità, che risospinge alle spalle della coscienza la mediazione logica del tempo naturale agita dal logos, in guisa di una memoria latente. Già nell'istante, l'unità temporale immediata a cui si rapporta il sapere sensibile, affiora l'intreccio di due storie distinte: la Meinungsgeschichte della coscienza, una storia altalenante fatta di ripetuti 'adesso', e la storia progressiva del pensiero che ad ogni nuovo stadio di avanzamento del Bewusstsein conferisce una nuova e più adeguata configurazione della relazione tra il sapere e l'oggetto. In altre parole, il tempo naturalizzato della coscienza reca in sé la presenza immanente di un processo logico che produce di volta in volta nuove Gestalten dotate di una complessità crescente. Così il passato logico si costruisce e si stratifica in seno a questo percorso grazie all'Erinnerung dell'esperienza coscienziale che riveste qui “una funzione architettonica” (p. 112): essa è tanto Erinnerung della coscienza, ovvero mediazione logica che si dipana lungo il corso della progressione doxastica, quanto Erinnerung del sapere, ovvero articolazione interna del dispiegamento del pensiero.
Lo svolgimento successivo di questa traiettoria, attraverso la quale emerge la nuova concezione fenomenologica del tempo storico, viene affrontato nel terzo capitolo. Come già accennato, Frilli sostiene che nel designare un nuovo terreno di realizzazione del Geist, adeguato al carattere della modernità e quindi capace di integrare pienamente gli impulsi disgregativi di cui l'individualità moderna è portatrice, Hegel arrivi a scartare l'universo della vita etica, irrimediabilmente viziato dalla presenza di rimanenze premoderne, per volgersi all'orizzonte della storia del pensiero. Benché resti controversa la possibilità di rinvenire nelle lezioni di filosofia dello spirito jenese, come suggerito dall'autore, una concezione dell'eticità improntata al “sostanzialismo” (pp. 72-3, p.121) – sostanzialismo che impregna invece senza alcun dubbio il precedente Sistema dell'eticità (1802-03) rispetto al quale il riferimento alla “totalità etica immediata e già intrinsecamente compatta” parrebbe più pertinente (p.73) – è vero che nella sezione dedicata allo Spirito, e in particolare allo Spirito vero, Hegel espone una critica definitiva dell'eticità classica (un modello in corso di superamento già nei corsi jenesi per mezzo dell'introduzione dell'elemento coscienziale che era del tutto assente nel System) per congedarsi da essa. Di seguito è la Religione rivelata ad inaugurare la nuova configurazione di un ethos post-classico, segnato dall'unificazione mediata dell'individualità singolare e dell'universalità, che l'incarnazione di Cristo esprime nella forma suprema eppure imperfetta della rappresentazione. Se la Menschwerdung, infatti, interiorizza e trasfigura il tempo naturale umano, votato alla mortalità, nella vita dello Spirito, e in pari tempo esteriorizza questa esperienza nel vissuto storico della comunità dei credenti, conferendo a tale processo una portata universale, il medium stesso della Vorstellung resta costitutivamente latore di una scissione non pienamente ricomposta. Il tempo escatologico della cristianità mantiene quindi al proprio interno un'irrimediabile divaricazione tra l'eterno e il contingente, che la Fenomenologia rimanda a risoluzione nello stadio ultimo del Sapere Assoluto, affrontato nel quarto capitolo del volume. È in questa sede che lo spirito si candida a guadagnare la forma della “realtà effettiva libera” evocata da Hegel, tornando a fare i conti con il tempo storico; ed è in questa sede che la dialettica del tempo perviene a compimento nella sintesi dispiegata di Erinnerung e Entässerung. Il sapere si rende ab-solutus non solo grazie al processo di interiorizzazione dell'esteriorità oggettuale, che “riavvolge il filo della storia logica della coscienza” (p.153) eliminando il tempo naturale, ma anche attraverso l'accettazione della propria dipendenza dalla relazione con l'oggettività, e cioè istituendo una storicità che esprime l'ordine del pensiero. Se sia la storia che la natura rappresentano i due domini di estrinsecazione del concetto, solo la prima in quanto “divenire nell'atto del sapere” è improntata al dispiegamento di un movimento rammemorante capace di mediare e conferire senso alla contingenza temporale. Così facendo, il concetto che comprende e ricapitola in sé il corso seriale degli accadimenti, dischiude simultaneamente un processo di storicizzazione del tempo. L'autore si domanda quale sia, giunti a questo punto, “la realtà storica congeniale al concetto” (p. 159) e individua precisamente nella storia della filosofia un simile orizzonte temporale.
Qui la convincente soluzione interpretativa proposta da Frilli suscita nondimeno un paio di interrogativi in relazione al compito e al compimento della filosofia che meritano di essere analizzati dettagliatamente. Se la storia della filosofia articolata dal movimento memoriale dell'Erinnerung, che ne dispone in successione le tappe, è il tempo del concetto, e se la begriff'ne Geschichte, in quanto storia concepita e rammemorata dalla speculazione, è sintesi del tempo storico e della memoria fenomenologica, potrebbe sembrare che non vi sia alcuna funzione che il sapere speculativo possa svolgere se non quella di riavvolgere il nastro del passato. La conclusione del volume, del resto, mette a tema la questione, evocando la nozione di “limite” (Grenze) della filosofia, a cui lo stesso Hegel accenna nelle ultime pagine della Fenomenologia, e individuando nel bisogno di filosofia, anima e cardine dell'impresa speculativa hegeliana, quel limite, che a mo' di un ancoraggio la vincola al presente, scongiurando in ultima istanza qualsiasi ripiegamento e chiusura narcisistica del sapere su se stesso. La mediazione tra il tempo e l'eterno, tra l'oggettività del Denken e la contingenza dell'accadere si darebbe perciò nella forma della “manifestazione sempre inedita di ciò che ritorna” (p. 192).
Il ritorno dell'inedito (e non dell'identico) costituisce certamente una formula efficace per designare la peculiare natura dell'intreccio tra logica e cronologia in seno al pensiero hegeliano. Rimane da determinare il peso specifico che assume il presente per la speculazione all'interno di una lettura passatista, quale quella di Frilli si autoproclama per distinguersi dalle interpretazioni di matrice francese e di ispirazione heideggeriana. Nell'appendice al primo capitolo (“Contro i futurismi”) l'autore colloca la propria lettura in un campo opposto a quello prescelto da una schiera di commentatori novecenteschi che hanno interpretato la temporalità e la dialettica hegeliana a partire dall'avvenire, sostenendo, come ebbe a scrivere Koyré, che in Hegel “il tempo non ci giunge dal passato ma dal futuro”1. Al nesso ekstatico desiderio-morte che fa da perno alla lettura kojèviana – rea di assimilare il tempo al tempo umano sopprimendo senza residui la naturalità del tempo empirico e piegando al servizio di un antropocentrismo assai poco hegeliano la trama del tempo logico – Frilli sostituisce l'elemento della memoria e la divaricazione che essa istituisce tra passato temporale e “passato senza tempo”. Eppure, lasciando da parte le torsioni ermeneutiche operate da Kojève nella riduzione tout court del tempo alla storia del genere umano, troviamo nella sua opera, come anche nelle letture di Koyré e Hyppolite, l'esplicitazione di prospettive teoriche che hanno il merito, seppur a prezzo di parziali semplificazioni e/o forzature, di nominare il problema dell'avvenire (inteso non solo come futuro ma anche come contingente accadere) e di tematizzare in modo implicito il paradosso, solo apparente in termini hegeliani, di quella che potremmo impropriamente chiamare la “compiutezza infinita” del sapere assoluto. In Logique et existence (1952), Hyppolite notava che “il passaggio dalla storia al sapere assoluto, dal temporale all'eterno [che si produce al § 552 dell'Enciclopedia] rappresenta la sintesi dialettica più oscura della filosofia hegeliana”2. A sua volta Koyré, nel suo Hegel à Iena (1934), osservava che “solo il carattere dialettico del tempo rende possibile una filosofia della storia, ma nello stesso tempo il carattere temporale della dialettica la rende impossibile dal momento che, lo si voglia o meno, la filosofia della storia ne costituisce un arresto”. Secondo Koyré, pertanto, “la filosofia della storia, e quindi la filosofia hegeliana, il "sistema", sarebbero possibili solo se la storia fosse terminata, se non ci fosse più futuro, se il tempo potesse fermarsi”3.
Entrambe le questioni sono traducibili nella necessità di precisare le caratteristiche proprie dello statuto di un sapere che è nel tempo, perché collocato all'interno del divenire storico e non concepibile se non in rapporto con esso, e fuori dal tempo, nella misura in cui il suo contenuto, il principio speculativo della ragione, eccede i limiti della transitorietà temporale.
Le ultime pagine della Fenomenologia accennano alla – tanto nota quanto pluricommentata – eliminazione (tilgen) del tempo da parte del concetto, operazione cui fa tuttavia seguito il dischiudersi di nuovi inizi e nuove figure di mondi. L'Entlassen finale, su cui pure Frilli richiama l'attenzione, per mezzo del quale lo spirito si congeda dalla forma del sapere per concedersi di nuovo all'immediatezza dell'esistente, affermando in questo gesto sacrificale la propria suprema libertà, è il suggello di un rinnovato rapporto con l'empirico e la contingenza senza il quale non sarebbe possibile pervenire a nessuna “manifestazione inedita”, ma soltanto imbalsamare le epoche trascorse.
Se perciò la re-immersione del concetto nel tempo al termine della Fenomenologia non va pensata come un esercizio formale, occorre determinare le fattezze temporali e speculative di quella compiutezza infinita che pertiene al sapere assoluto e che si de-finisce (cioè si determina e si rende con ciò finita) ad ogni nuova riconfigurazione storica, adottando il punto di vista parziale e prospettico del presente.
L'attività del concetto, che per un verso restituisce l'oggettività del pensiero e per un altro governa l'unità processuale di tutte le manifestazioni del Geist, si dispiega al presente non solo nella rammemorazione speculativa del passato che inanella e articola la serie degli accadimenti nella tessitura logica del Denken, ma anche nel riconoscimento e nella comprensione al presente di quei fenomeni di transizione attraverso cui nuove epoche storiche avanzano a prendere il posto delle precedenti e nella critica della positività, ovvero del permanere surrettizio di rimanenze parassitarie del vecchio mondo all'interno del nuovo.
Inoltre, se la formula del “passato senza tempo”, quale passato atemporale temporalizzante che è risultato della mediazione logica, appare perfetta per designare la funzione dell'Erinnerung che ha un ruolo fondamentale nella costruzione della speculazione hegeliana, resta da capire se sia possibile attribuire al concetto un'istanza non unicamente rammemorante né stricto sensu storicizzante, e se sia possibile individuare un'opzione temporalizzante che non si traduca soltanto nella detemporalizzazione del tempo empirico, ovvero una temporalizzazione non riducibile alla sola movenza di convertire il passato temporale in passato logico. In tal caso quale sarebbe la qualità di una simile temporalizzazione e in che misura la si potrebbe candidare ad incarnare lo Standpunkt del presente? Ad entrambe le ipotesi è possibile rispondere positivamente. Da un lato richiamando, a fianco dell'organizzazione concettuale della serie contingente degli accadimenti (begriff'ne Geschichte), il compito pratico – trattasi di un fare/thun – per la filosofia di rendere la propria epoca autocosciente, illuminando “la piena struttura del nuovo mondo”, permettendo allo spirito di riconoscersi in essa e operando per mezzo della propria razionalità su e contro la persistenze del positivo, come anche sulle contraddizioni che da esso derivano. Dall'altro ricordando che il sapere assoluto, culmine e trascendimento del sapere fenomenologico, manifesta la necessità di alienarsi dalla forma del concetto puro, di darsi esistenza concreta, di calarsi nella negatività del tempo e nutrirsi in essa. Come ricorda C. Bouton nel suo libro4, la negatività del tempo, elemento dello sviluppo dello spirito, è infatti condizione necessaria e imprescindibile del processo attraverso sui lo spirito converte il tempo in storia.
Il sapere assoluto è perciò nel tempo in due sensi: è attività dello spirito che, come tale, si dà necessariamente nel tempo, dimensione puntualmente eliminata, ma a ben vedere ineliminabile, del suo esistere; ed è sapere sorto con Hegel al compimento di un processo storico e storico-filosofico che si pone come sua condizione di possibilità, nella misura in cui tale sapere incarna proprio la piena comprensione (begreifen) della storia del mondo e della storia del pensiero. Tale traguardo esprime un risultato temporalmente totale e parziale, che consiste per l'appunto nella totalizzazione parziale – für jetzt, come sottolinea Hegel nelle Lezioni sulla storia della filosofia – del concetto e della negatività del tempo. Il presente storico (non assimilabile al presentismo della parousia heideggeriana) traduce perciò un'istanza di parzialità e di compiutezza, e si qualifica come un presente della tempestività capace di rapportarsi alla contingenza degli accadimenti e di esprimere la coappartenenza costitutiva al proprio tempo.
C'è quindi un tempo del concetto che non è riducibile al concetto del tempo (all'eternità), ed è proprio il suo contingente accadere nell'hic et nunc del presente dell'impresa hegeliana. Per questo si tratta di pensare il tempo del concetto, inteso come il tempo in cui il sapere giunge contingentemente a compimento e come il presente contingente che il sapere reiteratamente, di volta in volta, si trova a dover concepire – e quindi anche il nostro presente – non solo come propone Adorno, alla stregua di un “momento del concetto”, ma anche come banco di prova della libertà speculativa del Begriff: la prova, parafrasando il titolo del volume di B. Mabille5, prevedibile e inattesa della contingenza, non completamente sussumibile all'ordito razionale dell'inconscio del mondo.}
journal = {Pólemos},
number = {1/2016},
doi = {10.19280/P2016-0014},
URL = {https://www.rivistapolemos.it/guido-frilli-passato-senza-tempo-tempo-storia-e-memoria-nella-fenomenologia-dello-spirito-di-hegelverifiche-padova-2015-pp-210/?lang=it},
keywords = {memoria; Hegel; Fenomenologia dello spirito; Guido Frilli; Erinerrung.},
pages = {264-271},
language = {it}
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