I quadri di Klee, fin dal primo decennio del Novecento, iniziano a esprimere il disorientamento verso l’oggettività, che ormai assedia l’abitatore della modernità. Sembra che le cose perdano la loro familiarità con l’uomo che le ha prodotte e acquisiscano un carattere perturbante e fantomatico. Qual è la causa di questa inquietudine che pare agitare anche il mondo più familiare e abituale e lascia l’uomo come “gettato” in un ambiente estraneo e nemico?
Il diffondersi delle tecniche della riproducibilità e della produzione meccanica priva gli oggetti dell’aura personale, che in essi si depositava nel lavoro artigianale, cancella le tracce del produttore e del committente: le merci seriali non costituiscono più un’oggettivazione dello spirito o dei rapporti sociali, sono piuttosto l’alienazione di un tempo di lavoro generico ed astratto. Esse non sono più circondate da un’aura, ma infestate da uno spettro, che si impadronisce di loro in quanto valori di scambio e le accompagna in tutta la fantasmagoria seduttiva, che deve portare alla realizzazione: «non si tratta in effetti di una cosa reale, risultante dall’azione di un lavoro reale, ma di una pseudo- cosa, privata di ogni determinazione reale e ridotta all’unico significato di essere stata prodotta da un lavoro […] Questa transustanziazione chimica o piuttosto metafisica, che cambia l’oggetto reale, formato da un lavoro reale, in semplice significato, fa di esso un ‘residuo’. Non una realtà impoverita, che ha perso alcune delle sue proprietà, ma ciò che – avendole tutte perdute e con esse la realtà medesima e con questa anche la possibilità di differenziarsi da un’altra realtà – non è più che un’ombra e un fantasma» 1.
La presenza massiccia della tecnica moderna impone i suoi nuovi segni geometrici sul paesaggio urbano ed extraurbano, tracciando nello spazio linee dure, verticali ed astratte: ciminiere, binari, pali telegrafici, piloni elettrici, enigmi e cifre di una forza produttiva, che cancella l’aspetto consueto del mondo. Come ricorda Walter Benjamin, nelle esperienze traumatiche della seconda guerra mondiale, linee di difesa, trincee ed esplosioni improvvise trasformano il mondo oggettivo in un flusso magnetico di choc, in cui – più che oggetti – vengono percepite impressioni rapide, clamorose, violente. Si realizzò «un nuovo, inedito connubio con le forze cosmiche. Masse umane, gas, energie elettriche sono state gettate in campo, correnti ad alta frequenza hanno attraversato le campagne, nuovi astri sono sorti nel cielo, spazio aereo ed abissi marini hanno risuonato di motori, e da ogni parte si sono scavate nella Madre Terra fosse sacrificali» 2.
Come sarebbe possibile imitare figurativamente un mondo, che assume i caratteri di un’astrazione vibrante di forze ed energie? La visione prospettica dello spazio, col soggetto umano come centro e dominatore dello sguardo, cede al disorientamento in un mondo divenuto estraneo; il più umile oggetto quotidiano non comunica più la tranquillità del possesso e ogni abitudine – appena formata – subito tramonta in una apparenza di novità.
M. Henry, Marx, Gallimard, Paris 1976, p. 629. 153. ↩
W. Benjamin, Strada a senso unico, Einaudi, Torino 1983, p. 68. ↩
Pezzella, Mario."GLI ANGELI DEL POSSIBILE. Su Paul Klee". PólemosVIII. 6-7. (2014): 153-170https://www.rivistapolemos.it/gli-angeli-del-possibile-su-paul-klee/?lang=it
APA
Pezzella, M.(2014). "GLI ANGELI DEL POSSIBILE. Su Paul Klee". PólemosVIII. (6-7). 153-170https://www.rivistapolemos.it/gli-angeli-del-possibile-su-paul-klee/?lang=it
Chicago
Pezzella, Mario.2014. "GLI ANGELI DEL POSSIBILE. Su Paul Klee". PólemosVIII (6-7). Donzelli Editore: 153-170. https://www.rivistapolemos.it/gli-angeli-del-possibile-su-paul-klee/?lang=it
Esporta un file formato BIB per Bebop, BibSonomy, BibTeX, Jumper 2.0, Pybliographer, Qiqqa…
TY - JOUR
A1 - Pezzella, Mario
PY - 2014
TI - GLI ANGELI DEL POSSIBILE. Su Paul Klee
JO - Plemos
SN - 9788898697243/2281-9517
AB -
I quadri di Klee, fin dal primo decennio del Novecento, iniziano a esprimere il disorientamento verso l’oggettività, che ormai assedia l’abitatore della modernità. Sembra che le cose perdano la loro familiarità con l’uomo che le ha prodotte e acquisiscano un carattere perturbante e fantomatico. Qual è la causa di questa inquietudine che pare agitare anche il mondo più familiare e abituale e lascia l’uomo come “gettato” in un ambiente estraneo e nemico?
Il diffondersi delle tecniche della riproducibilità e della produzione meccanica priva gli oggetti dell’aura personale, che in essi si depositava nel lavoro artigianale, cancella le tracce del produttore e del committente: le merci seriali non costituiscono più un’oggettivazione dello spirito o dei rapporti sociali, sono piuttosto l’alienazione di un tempo di lavoro generico ed astratto. Esse non sono più circondate da un’aura, ma infestate da uno spettro, che si impadronisce di loro in quanto valori di scambio e le accompagna in tutta la fantasmagoria seduttiva, che deve portare alla realizzazione: «non si tratta in effetti di una cosa reale, risultante dall’azione di un lavoro reale, ma di una pseudo- cosa, privata di ogni determinazione reale e ridotta all’unico significato di essere stata prodotta da un lavoro [...] Questa transustanziazione chimica o piuttosto metafisica, che cambia l’oggetto reale, formato da un lavoro reale, in semplice significato, fa di esso un ‘residuo’. Non una realtà impoverita, che ha perso alcune delle sue proprietà, ma ciò che – avendole tutte perdute e con esse la realtà medesima e con questa anche la possibilità di differenziarsi da un’altra realtà – non è più che un’ombra e un fantasma» [1. M. Henry, Marx, Gallimard, Paris 1976, p. 629. 153. ].
La presenza massiccia della tecnica moderna impone i suoi nuovi segni geometrici sul paesaggio urbano ed extraurbano, tracciando nello spazio linee dure, verticali ed astratte: ciminiere, binari, pali telegrafici, piloni elettrici, enigmi e cifre di una forza produttiva, che cancella l’aspetto consueto del mondo. Come ricorda Walter Benjamin, nelle esperienze traumatiche della seconda guerra mondiale, linee di difesa, trincee ed esplosioni improvvise trasformano il mondo oggettivo in un flusso magnetico di choc, in cui – più che oggetti – vengono percepite impressioni rapide, clamorose, violente. Si realizzò «un nuovo, inedito connubio con le forze cosmiche. Masse umane, gas, energie elettriche sono state gettate in campo, correnti ad alta frequenza hanno attraversato le campagne, nuovi astri sono sorti nel cielo, spazio aereo ed abissi marini hanno risuonato di motori, e da ogni parte si sono scavate nella Madre Terra fosse sacrificali» [2. W. Benjamin, Strada a senso unico, Einaudi, Torino 1983, p. 68. ].
Come sarebbe possibile imitare figurativamente un mondo, che assume i caratteri di un’astrazione vibrante di forze ed energie? La visione prospettica dello spazio, col soggetto umano come centro e dominatore dello sguardo, cede al disorientamento in un mondo divenuto estraneo; il più umile oggetto quotidiano non comunica più la tranquillità del possesso e ogni abitudine – appena formata – subito tramonta in una apparenza di novità.
SE - 6-7/2014
DA - 2014
KW - Klee KW - Teoria della modernità KW - riproducibilità tecnica KW - esetica
UR - https://www.rivistapolemos.it/gli-angeli-del-possibile-su-paul-klee/?lang=it
DO -
PB - Donzelli Editore
LA - it
SP - 153
EP - 170
ER -
@article{,
author = {Mario Pezzella},
title = {GLI ANGELI DEL POSSIBILE. Su Paul Klee},
publisher = {Donzelli Editore},
year = {2014},
ISBN = {9788898697243},
issn = {2281-9517},
abstract = {
I quadri di Klee, fin dal primo decennio del Novecento, iniziano a esprimere il disorientamento verso l’oggettività, che ormai assedia l’abitatore della modernità. Sembra che le cose perdano la loro familiarità con l’uomo che le ha prodotte e acquisiscano un carattere perturbante e fantomatico. Qual è la causa di questa inquietudine che pare agitare anche il mondo più familiare e abituale e lascia l’uomo come “gettato” in un ambiente estraneo e nemico?
Il diffondersi delle tecniche della riproducibilità e della produzione meccanica priva gli oggetti dell’aura personale, che in essi si depositava nel lavoro artigianale, cancella le tracce del produttore e del committente: le merci seriali non costituiscono più un’oggettivazione dello spirito o dei rapporti sociali, sono piuttosto l’alienazione di un tempo di lavoro generico ed astratto. Esse non sono più circondate da un’aura, ma infestate da uno spettro, che si impadronisce di loro in quanto valori di scambio e le accompagna in tutta la fantasmagoria seduttiva, che deve portare alla realizzazione: «non si tratta in effetti di una cosa reale, risultante dall’azione di un lavoro reale, ma di una pseudo- cosa, privata di ogni determinazione reale e ridotta all’unico significato di essere stata prodotta da un lavoro [...] Questa transustanziazione chimica o piuttosto metafisica, che cambia l’oggetto reale, formato da un lavoro reale, in semplice significato, fa di esso un ‘residuo’. Non una realtà impoverita, che ha perso alcune delle sue proprietà, ma ciò che – avendole tutte perdute e con esse la realtà medesima e con questa anche la possibilità di differenziarsi da un’altra realtà – non è più che un’ombra e un fantasma» [1. M. Henry, Marx, Gallimard, Paris 1976, p. 629. 153. ].
La presenza massiccia della tecnica moderna impone i suoi nuovi segni geometrici sul paesaggio urbano ed extraurbano, tracciando nello spazio linee dure, verticali ed astratte: ciminiere, binari, pali telegrafici, piloni elettrici, enigmi e cifre di una forza produttiva, che cancella l’aspetto consueto del mondo. Come ricorda Walter Benjamin, nelle esperienze traumatiche della seconda guerra mondiale, linee di difesa, trincee ed esplosioni improvvise trasformano il mondo oggettivo in un flusso magnetico di choc, in cui – più che oggetti – vengono percepite impressioni rapide, clamorose, violente. Si realizzò «un nuovo, inedito connubio con le forze cosmiche. Masse umane, gas, energie elettriche sono state gettate in campo, correnti ad alta frequenza hanno attraversato le campagne, nuovi astri sono sorti nel cielo, spazio aereo ed abissi marini hanno risuonato di motori, e da ogni parte si sono scavate nella Madre Terra fosse sacrificali» [2. W. Benjamin, Strada a senso unico, Einaudi, Torino 1983, p. 68. ].
Come sarebbe possibile imitare figurativamente un mondo, che assume i caratteri di un’astrazione vibrante di forze ed energie? La visione prospettica dello spazio, col soggetto umano come centro e dominatore dello sguardo, cede al disorientamento in un mondo divenuto estraneo; il più umile oggetto quotidiano non comunica più la tranquillità del possesso e ogni abitudine – appena formata – subito tramonta in una apparenza di novità.
}
journal = {Pólemos},
number = {6-7/2014},
doi = {},
URL = {https://www.rivistapolemos.it/gli-angeli-del-possibile-su-paul-klee/?lang=it},
keywords = {Klee; Teoria della modernità; riproducibilità tecnica; esetica.},
pages = {153-170},
language = {it}
}