Il pensiero politico contemporaneo dominante assegna ampio rilievo ai diritti umani sino a considerarli fondamento della convivenza civile fra gli uomini e i popoli. Tuttavia, la loro stessa definizione appare problematica. Arduo è istituirne un principio unitario: quanto maggiore è la sua determinazione, tanto più appare partigiano, difficilmente riconoscibile dalle diverse civiltà storiche. Quanto più è formale, tanto maggiore è il rischio di sussumere surrettiziamente al suo interno l’esistente, i rapporti di forza fra le tradizioni nazionali. Né pare risolutivo aggirare la problematica del fondamento stilando un mero catalogo di diritti. In tal caso, o si ricadrebbe nella difficoltà d’assumere una misura esteriore atta a sancire quale diritto debba includervisi, o si soggiacerebbe nella selezione dei diritti all’empirico rapporto di forza fra civiltà, venendo meno il fine di regolarne il conflitto sulla base d’un fondamento. Egualmente complessa appare la realizzazione pratica del loro concetto. I diritti umani sono presupposto della convivenza civile fra gli uomini e le nazioni o prodotto dell’autonomo sviluppo storico-politico dei differenti stati? Quanto è lecito intervenire e con quali strumenti – rischiando che il mezzo falsifichi il fine – per ridurre a tale universale astratto le differenti culture restie a riconoscervisi? Le crescenti difficoltà pratiche nella soluzione di tali problemi rischiano di depotenziare i diritti umani sino a farli apparire un mero dover essere incapace d’incidere sul reale o la veste ideologica di cui si ammantano i rapporti di forza fra gli stati, la cattiva universalità che cela il dominio dell’Occidente liberale. L’analisi del concetto dei diritti umani ha senso unicamente in una prospettiva critica, poiché le difficoltà pratiche sono manifestazione fenomenica di carenze concettuali. Per questo motivo è di sicuro interesse ricostruire l’analisi di tale problematica in un autore cui si rifanno, pur inconsapevolmente, diverse critiche odierne all’astratto universalismo dei diritti umani: Karl Marx.
Caputo, Renato."Diritti formali e bisogni reali. Marx e i diritti umani". PólemosII. 1. (2008): 139-158https://www.rivistapolemos.it/diritti-formali-e-bisogni-reali-marx-e-i-diritti-umani/?lang=it
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Caputo, R.(2008). "Diritti formali e bisogni reali. Marx e i diritti umani". PólemosII. (1). 139-158https://www.rivistapolemos.it/diritti-formali-e-bisogni-reali-marx-e-i-diritti-umani/?lang=it
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Caputo, Renato.2008. "Diritti formali e bisogni reali. Marx e i diritti umani". PólemosII (1). Donzelli Editore: 139-158. https://www.rivistapolemos.it/diritti-formali-e-bisogni-reali-marx-e-i-diritti-umani/?lang=it
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TY - JOUR
A1 - Caputo, Renato
PY - 2008
TI - Diritti formali e bisogni reali. Marx e i diritti umani
JO - Plemos
SN - 889013013X/2281-9517
AB - Il pensiero politico contemporaneo dominante assegna ampio rilievo ai diritti umani sino a considerarli fondamento della convivenza civile fra gli uomini e i popoli. Tuttavia, la loro stessa definizione appare problematica. Arduo è istituirne un principio unitario: quanto maggiore è la sua determinazione, tanto più appare partigiano, difficilmente riconoscibile dalle diverse civiltà storiche. Quanto più è formale, tanto maggiore è il rischio di sussumere surrettiziamente al suo interno l’esistente, i rapporti di forza fra le tradizioni nazionali. Né pare risolutivo aggirare la problematica del fondamento stilando un mero catalogo di diritti. In tal caso, o si ricadrebbe nella difficoltà d’assumere una misura esteriore atta a sancire quale diritto debba includervisi, o si soggiacerebbe nella selezione dei diritti all’empirico rapporto di forza fra civiltà, venendo meno il fine di regolarne il conflitto sulla base d’un fondamento. Egualmente complessa appare la realizzazione pratica del loro concetto. I diritti umani sono presupposto della convivenza civile fra gli uomini e le nazioni o prodotto dell’autonomo sviluppo storico-politico dei differenti stati? Quanto è lecito intervenire e con quali strumenti – rischiando che il mezzo falsifichi il fine – per ridurre a tale universale astratto le differenti culture restie a riconoscervisi? Le crescenti difficoltà pratiche nella soluzione di tali problemi rischiano di depotenziare i diritti umani sino a farli apparire un mero dover essere incapace d’incidere sul reale o la veste ideologica di cui si ammantano i rapporti di forza fra gli stati, la cattiva universalità che cela il dominio dell’Occidente liberale. L’analisi del concetto dei diritti umani ha senso unicamente in una prospettiva critica, poiché le difficoltà pratiche sono manifestazione fenomenica di carenze concettuali. Per questo motivo è di sicuro interesse ricostruire l’analisi di tale problematica in un autore cui si rifanno, pur inconsapevolmente, diverse critiche odierne all’astratto universalismo dei diritti umani: Karl Marx.
SE - 1/2008
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