Abstract
Le terre dell’immaginario, dell’incanto e della magia sono pericolose,
regioni complesse ma fondamentali da attraversare per chiunque voglia tentare di trovare gli strumenti per bucare la tela dell’intrattenimento spettacolare e della fantasmagoria delle merci in cui viviamo. In questo saggio si proverà a delineare un’analisi del disincanto ri-raccontando la favola della modernità trionfante sfatandone il mito, nell’ottica di individuare la luce tra le crepe e di immaginare possibilità di reincanto. Arriveremo a dimostrare come, all’apice del disincanto – dal diciannovesimo secolo con un incremento esponenziale nelle ultime due decadi – coincide il definitivo scollamento tra estetica e politica, consegnando inesorabilmente gli immaginari nelle mani del capitalismo, dei totalitarismi e della governance neoliberista. L’analisi sarà utile a costruire le premesse della tesi più ampia. Per reincantare il mondo e immaginare cosmogonie future bisognerà partire forse dal punto in cui la forbice si è divaricata: ricostruire il legame tra estetica e politica, agire in una dimensione pre-politica recuperando un contatto critico con l’incanto, gli immaginari e la magia ripartendo da un’estetica del legame.