Abstract
Questo saggio è il risultato di un confronto prospettico con l’archeologia dell’opera d’arte di Giorgio Agamben. In esso si cercherà di tematizzare la relazione fra opera, arte e storicità a partire dal paradigma della «morte dell’arte». Nell’ottica di Agamben, tale paradigma rappresenta il momento culminante del destino metafisico dell’arte, e dunque il punto di riferimento di un’archeologia storica che intenda chiarire i motivi che hanno condotto ad una dissoluzione della dimensione concreta dell’opera nell’arte contemporanea. In quest’orizzonte, si tratta di precisare il ruolo che assume la nozione di “inoperosità”. si mostrerà come, lungi dal celebrare l’assenza d’opera, la nozione di inoperosità assume su di sé l’arduo compito di disattivare le forme tradizionali della relazione fra opera e arte. Si fa strada, così, l’ipotesi che l’opera d’arte sia null’altro che la manifestazione di un potere in grado di trattenere la potenza nell’atto di esprimersi. In altre parole, l’opera d’arte è un caso esemplare dello stato auto-contemplativo in cui la potenza di agire dell’uomo trova espressione.