Pólemos no. 2, 2020: FILOSOFIA DELLA TECNICA

a cura di Mico Capasso e Dario Cecchi.

La riflessione filosofica sulla tecnica ha conosciuto recentemente un significativo ampliamento degli orizzonti. Le grandi proposte che hanno caratterizzato la seconda metà del Novecento – da Heidegger fino ad Adorno e Horkheimer, passando attraverso i numerosi pensatori che si sono mossi tra eredità heideggeriana e teoria critica: Anders, Arendt, Ellul, Habermas, Jonas, Marcuse e Vattimo, per citare solo alcuni nomi – sono state accomunate, pur tra differenze e contrapposizioni, dall’esigenza di pensare criticamente la tecnica. Essa si è presentata come contrassegno indiscutibile (e non ignorabile) della modernità, ma anche come momento di ‘fine’, o perlomeno di crisi radicale, della civiltà occidentale.
La ricerca più recente – in parte occupandosi degli sviluppi concreti nel campo dell’evoluzione tecnologica, in parte riscoprendo autori prima ignorati o interpretati in maniera parziale – ha provocato un cambio di paradigma nella filosofia della tecnica. In luogo di una riflessione del destino della (o nella) tecnica, emerge l’esigenza di un’indagine dell’oggetto tecnico in quanto tale, della sua intrinseca creatività e del contributo autonomo alla nascita di forme di vita. A questa frattura epistemologica hanno contribuito senz’altro la riscoperta e lo studio dell’opera di Gilbert Simondon e l’edizione critica dell’Opera d’arte di Walter Benjamin, che ha fatto emergere l’attenzione del filosofo per la distinzione (e la dialettica) tra la tecnica come “dominio” e la tecnica come “gioco”. Altri autori e movimenti meritano di essere riscoperti e ripensati, nella prospettiva di un nuovo pensiero della tecnica: dall’antropologia filosofica – si pensi esemplarmente a Gehlen – all’operaismo; per non citare, tra gli altri, filosofi e studiosi di diversa formazione e provenienza quali Bachelard, Canguilhem Derrida, Serres, Stiegler, Fink, Flusser o Kittler.
In larga misura sono i fenomeni emergenti a spingere verso un tale cambio di paradigma: l’apparizione di internet, l’affermazione di un rapporto con la realtà sempre più mediato dalla tecnologia (o illusoriamente ‘disintermediato’ rispetto ad altre forme di mediazione) e l’affermarsi di una logica multimediale e interattiva; la progettazione e la diffusione di dispositivi, reti e tecnologie smart volte a ottimizzare le nostre prestazioni o il soddisfacimento dei nostri bisogni; la crescente diffusione dell’uso di immagini prodotte tecnicamente (selfie, visual storytelling ecc.) nella comunicazione (anche politica) e l’assottigliarsi dei confini tra usi (o riusi) informali e usi (o riusi) artistici dell’immagine; l’emergere di nuovi tipi e modalità di concepire il dispositivo mediale (ad esempio secondo il modello della registrazione di un’informazione e non più della trasmissione); l’affermarsi dell’algoritmo come forma eminente di razionalità (sia nella versione ‘ottimistica’ di una “intelligenza collettiva” sia nella versione ‘pessimista’ di un nuovo genere di dominio da parte del capitale); la possibilità di intervenire ‘artificialmente’, attraverso le biotecnologie, sul dato ‘naturale’, con rilevanti interrogativi sulla trasformazione (o addirittura sul superamento) dell’identità dell’individuo (umano e non solo).
Sebbene le proposte teoriche in questo contesto siano fiorite numerose, sfociando a volte in veri e propri movimenti (si pensi al postumano), molte questioni restano aperte e meritano un supplemento di riflessione. Tra queste, alcuni (ma non tutti) tra i temi che possono essere affrontati in questo numero sono:

  • Lo statuto della tecno-estetica, non solo come indagine sui rapporti tra arte e tecnica, ma anche come riflessione sulla natura intrinsecamente tecnica della sensibilità umana;
  • Le inedite modalità operative dell’immaginazione e i nuovi formati dell’immagine che emergono dall’uso delle tecnologie digitali e interattive;
  • Le forme di vita tecniche progettate o prefigurate dai dispositivi tecnologici e le loro implicazioni etico-politiche;
  • La definizione di una specifica creatività tecnica e i suoi rapporti e con gli ambienti che essa produce, oltre che con gli altri tipi di creatività;
  • L’analisi e la comprensione della realtà virtuale, oltre che della cosiddetta “realtà aumentata”, insieme alla ridefinizione del concetto stesso di virtualità.

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Gli articoli, per un limite massimo di 40.000 caratteri (spazi inclusi), accompagnati da un abstract di 1000 caratteri (in italiano e in inglese), devono essere proposti attraverso l’invio all’indirizzo e-mail cfp@rivistapolemos.it entro il 23 dicembre 2019 (in uno dei seguenti formati: .doc, .docx, .odt). Inviare cortesemente articoli e abstract in un unico documento che sia adatto alla revisione anonima. Sono particolarmente graditi contributi direttamente pertinenti alle linee di ricerca suggerite. Articoli concernenti aree filosoficamente connesse al tema saranno ugualmente presi in considerazione. Sono accettati contributi in italiano, inglese, francese, tedesco e spagnolo.

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