«L’uomo è quello che fa», «l’uomo non è altro che la serie delle sue azioni». Queste formule emblematiche si trovano nell’Aggiunta al § 140 dell’Enciclopedia1e risultano dalla tesi, immediatamente prima dimostrata, dell’identità, nei fenomeni, dell’interno e dell’esterno. Sia nella natura, sia nella vita spirituale, separare l’esteriorità di un fenomeno dalla sua essenza come si separerebbe un involucro esterno da un nocciolo, è un errore, perché scambia per realtà i prodotti di un’operazione astrattiva compiuta dall’intelletto. È il motivo più tipico di Hegel, che ritiene assiomatico il primato della relazione sui termini, e quindi il raffigurarsi della Verità come «sistema». Classiche dicotomie, come appunto interno ed esterno, e ancora tutto e parti, forza ed estrinsecazione, finito e infinito, vengono ricondotte all’intiero, da cui sono state enucleate. Nel lungo esame della ragione osservativa nel quinto capitolo della Fenomenologia Hegel analizza i modi di procedere dell’intelletto scientifico, in sostanza per mostrare una sorta di illusione realistica della ragione osservativa, che ritiene di considerare i suoi oggetti in quanto oggetti diversi da lei, e le sfugge che quegli oggetti sono da lei costituiti, sono, potremmo dire, oggetti culturali. In fondo è una tesi semplice e, crediamo, generalmente condivisa: l’anatomico che studia, poniamo, il braccio, si trova di fronte a un oggetto sicuramente diverso da lui, ma quando, avendolo studiato, lo definisce arto superiore o arto toracico, lo defattualizza, lo rende culturale, perché lo intende come risultato di una serie di rapporti anatomici. La ragione osservativa studia i fenomeni naturali e studia anche l’uomo e i suoi comportamenti. Come ha fatto per i fenomeni naturali, trova o crede di trovare anche in questi comportamenti delle leggi che dovrebbero renderli intelligibili, leggi del pensare e leggi del fare, i tradizionali princìpi logici e le leggi psicologiche, le quali concernono i modi di manifestarsi delle facoltà (intelletto, volontà) e il rapporto tra libertà e situazione. Noi ci soffermeremo su questi punti e vedremo che Hegel dà una diversa interpretazione di questi comportamenti e, come è proprio del suo modo di argomentare, non respinge le tesi che confuta come si respingerebbe qualcosa di falso, ma le considera come tentativi di avvicinarsi al vero. E il vero è per lui che la libertà è principio di spiegazione: i princìpi logici e le leggi psicologiche sono «posti» dalla libertà, ne sono dei derivati. E se la libertà è l’originario, è evidente che l’uomo, come tale, è un «posterius», non è un soggetto che «ha» la libertà, ma «è» la libertà. Da ciò le formule che abbiamo citate in principio, le opere che «costituiscono» l’uomo. Ma le opere non possono isolarsi, esse si staccano dall’agente e s’intrecciano con le altre opere e con le situazioni e con ciò possono dare risultati che l’agente stesso può non aver desiderato. Anche queste tesi di Hegel sono ben note (ci basti questo accenno), e il loro risultato è di un’ineludibile durezza per il singolo: gli viene tolto il conforto della morale della convinzione ed è richiamato alla morale della responsabilità.
G.W.F. Hegel, Enzyklopädie der philosophischen Wissenshaften im Grundrisse, in Werke, Bd. 8, Suhrkamp, Frankfurt a. M. 1970, pp. 277, 278; trad. it. di V. Verra, Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio, UTET, Torino 1981, vol. I, p. 350. Anche in Filosofia del diritto, § 124, si legge: «Il soggetto è la serie delle sue azioni («seiner Handlungen»; in Enciclopedia, «seiner Taten»). Se queste sono una serie di prodotti senza valore, la soggettività del volere è parimenti senza valore; se, invece, la serie dei suoi fatti («seiner Taten») è di natura sostanziale, è tale anche la volontà interna dell’individuo» (Id., Lineamenti di filosofia del diritto, trad. it. di F. Messineo, Laterza, Bari 1954, p. 114). ↩
Valentini, Francesco."L’uomo è quel che fa. Considerazioni su: Hegel, Fenomenologia dello spirito, capitolo quinto, A, b". PólemosI. 1. (2006): 9-25https://www.rivistapolemos.it/50/?lang=it
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Valentini, F.(2006). "L’uomo è quel che fa. Considerazioni su: Hegel, Fenomenologia dello spirito, capitolo quinto, A, b". PólemosI. (1). 9-25https://www.rivistapolemos.it/50/?lang=it
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Valentini, Francesco.2006. "L’uomo è quel che fa. Considerazioni su: Hegel, Fenomenologia dello spirito, capitolo quinto, A, b". PólemosI (1). Donzelli Editore: 9-25. https://www.rivistapolemos.it/50/?lang=it
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TY - JOUR
A1 - Valentini, Francesco
PY - 2006
TI - L’uomo è quel che fa. Considerazioni su: Hegel, Fenomenologia dello spirito, capitolo quinto, A, b
JO - Plemos
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AB - «L’uomo è quello che fa», «l’uomo non è altro che la serie delle sue azioni». Queste formule emblematiche si trovano nell’Aggiunta al § 140 dell’Enciclopedia[1. G.W.F. Hegel, Enzyklopädie der philosophischen Wissenshaften im Grundrisse, in Werke, Bd. 8, Suhrkamp, Frankfurt a. M. 1970, pp. 277, 278; trad. it. di V. Verra, Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio, UTET, Torino 1981, vol. I, p. 350. Anche in Filosofia del diritto, § 124, si legge: «Il soggetto è la serie delle sue azioni («seiner Handlungen»; in Enciclopedia, «seiner Taten»). Se queste sono una serie di prodotti senza valore, la soggettività del volere è parimenti senza valore; se, invece, la serie dei suoi fatti («seiner Taten») è di natura sostanziale, è tale anche la volontà interna dell’individuo» (Id., Lineamenti di filosofia del diritto, trad. it. di F. Messineo, Laterza, Bari 1954, p. 114).]e risultano dalla tesi, immediatamente prima dimostrata, dell’identità, nei fenomeni, dell’interno e dell’esterno. Sia nella natura, sia nella vita spirituale, separare l’esteriorità di un fenomeno dalla sua essenza come si separerebbe un involucro esterno da un nocciolo, è un errore, perché scambia per realtà i prodotti di un’operazione astrattiva compiuta dall’intelletto. È il motivo più tipico di Hegel, che ritiene assiomatico il primato della relazione sui termini, e quindi il raffigurarsi della Verità come «sistema». Classiche dicotomie, come appunto interno ed esterno, e ancora tutto e parti, forza ed estrinsecazione, finito e infinito, vengono ricondotte all’intiero, da cui sono state enucleate. Nel lungo esame della ragione osservativa nel quinto capitolo della Fenomenologia Hegel analizza i modi di procedere dell’intelletto scientifico, in sostanza per mostrare una sorta di illusione realistica della ragione osservativa, che ritiene di considerare i suoi oggetti in quanto oggetti diversi da lei, e le sfugge che quegli oggetti sono da lei costituiti, sono, potremmo dire, oggetti culturali. In fondo è una tesi semplice e, crediamo, generalmente condivisa: l’anatomico che studia, poniamo, il braccio, si trova di fronte a un oggetto sicuramente diverso da lui, ma quando, avendolo studiato, lo definisce arto superiore o arto toracico, lo defattualizza, lo rende culturale, perché lo intende come risultato di una serie di rapporti anatomici. La ragione osservativa studia i fenomeni naturali e studia anche l’uomo e i suoi comportamenti. Come ha fatto per i fenomeni naturali, trova o crede di trovare anche in questi comportamenti delle leggi che dovrebbero renderli intelligibili, leggi del pensare e leggi del fare, i tradizionali princìpi logici e le leggi psicologiche, le quali concernono i modi di manifestarsi delle facoltà (intelletto, volontà) e il rapporto tra libertà e situazione. Noi ci soffermeremo su questi punti e vedremo che Hegel dà una diversa interpretazione di questi comportamenti e, come è proprio del suo modo di argomentare, non respinge le tesi che confuta come si respingerebbe qualcosa di falso, ma le considera come tentativi di avvicinarsi al vero. E il vero è per lui che la libertà è principio di spiegazione: i princìpi logici e le leggi psicologiche sono «posti» dalla libertà, ne sono dei derivati. E se la libertà è l’originario, è evidente che l’uomo, come tale, è un «posterius», non è un soggetto che «ha» la libertà, ma «è» la libertà. Da ciò le formule che abbiamo citate in principio, le opere che «costituiscono» l’uomo. Ma le opere non possono isolarsi, esse si staccano dall’agente e s’intrecciano con le altre opere e con le situazioni e con ciò possono dare risultati che l’agente stesso può non aver desiderato. Anche queste tesi di Hegel sono ben note (ci basti questo accenno), e il loro risultato è di un’ineludibile durezza per il singolo: gli viene tolto il conforto della morale della convinzione ed è richiamato alla morale della responsabilità.
SE - 1/2006
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