La globalizzazione neoliberale e la sua crisi

A cura di Fulvia Giachetti e Giulio Azzolini

Numero 2, 2023, Dicembre
ISBN: 9788855226400 | Anno IV

Nota dei curatori

Fulvia Giachetti e Giulio Azzolini , Nota dei curatori

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Polemos no.1, 2025: GIANNI CARCHIA. PENSARE L’APPARENZA: ESTETICA, MITO E CRITICA

A cura di Andrea Cavalletti e Emanuele Edilio Pelilli


La rivista Polemos. Materiali di filosofia critica e sociale invita a contribuire a un numero monografico dedicato al pensiero di Gianni Carchia, figura tra le più originali della filosofia italiana del secondo Novecento. A venticinque anni dalla sua scomparsa, l’opera di Carchia continua a rappresentare un punto di riferimento imprescindibile per chiunque si interroghi sul rapporto tra estetica, mito e critica della modernità. 

Carchia è stato uno dei filosofi italiani più significativi del secondo Novecento: il suo pensiero si distingue per l’attenzione all’estetica, alla filosofia antica e alla critica della modernità. Laureatosi a Torino nel 1971, sotto la guida di Gianni Vattimo, con una tesi su “Verità e linguaggio nel giovane Benjamin”, Carchia ha intrapreso la carriera accademica dopo aver insegnato in vari licei, ricoprendo la cattedra di Estetica prima all’Università della Tuscia e quindi, dal 1992, all’Università Roma Tre. 

Nel corso di un trentennio, egli ha elaborato una prospettiva teorica autonoma, insieme ampia e coerente, ha offerto un’interpretazione radicale dell’arte e dei suoi rapporti con la filosofia che intreccia l’eredità del pensiero antico con le istanze critiche del Novecento. Attraverso il confronto con il marxismo, la teoria critica, lo strutturalismo e la filosofia tedesca moderna e contemporanea, ha cioè investigato il ruolo dell’immagine, dell’apparenza e del mito nella costituzione del sapere e della sensibilità estetica, ed ha così esplorato le tensioni tra mito e ragione, tra apparire e essere, individuando una forma di resistenza alla logica strumentale della modernità. 

Collocata in un crocevia di influssi che vanno da Walter Benjamin a Karl Löwith, da Hans Blumenberg a Reiner Schürmann, da Platone a Kant, l’opera di Carchia spazia quindi dalla lettura dell’orfismo e della tragedia greca alla filosofia dell’apparenza, fino all’analisi approfondita dell’estetica come spazio di emancipazione rispetto alla razionalizzazione moderna. 

Vicino, sul piano politico, alle posizioni di Jacques Camatte e all’anarchismo di figure come Piero Flecchia e Arturo Schwarz, Carchia è stato anche un traduttore di fine sensibilità, e ha curato l’edizione italiana di testi di Adorno, Horkheimer, Marx, Benjamin, Blumenberg, Apel, Gehlen, Odo Marquard e Reiner Schürmann. Durante la sua intensissima, seppur breve, attività intellettuale, ha pubblicato numerose opere di rilievo, tra cui Orfismo e tragedia (1979), Estetica ed erotica (1981), Dall’apparenza al mistero (1983), La legittimazione dell’arte (1982), Arte e bellezza (1995), La favola dell’essere. Commento al Sofista (1997), L’estetica antica (1999) e il postumo L’amore del pensiero (2000). 

Possibili aree d’indagine includono:

  • Il ruolo dell’esperienza estetica e della categoria di apparenza rispetto alla razionalità strumentale.
  • “Ermeneutica dell’arcaico”: il tema del mito e il relativo rapporto tra l’arcaico e il moderno, in connessione con le forme dell’arte e della poesia.
  • L’estetica antica, la questione dell’autonomia dell’arte e il ruolo del sublime nella retorica antica.
  • Carchia interprete di Platone e del platonismo.
  • Kant e la questione dell’immaginazione. 
  • Il rapporto con il pensiero di Walter Benjamin e la concezione della “critica come salvazione”.
  • Carchia e il pensiero francese: Bergson, Merleau-Ponty, Jankélévitch.
  • Il ruolo della “theoria” e la sua potenza politica.
  • La forma romanzesca e la dissoluzione del mito: da Lucrezio alla letteratura tardo-antica, il romanzo come fenomeno estetico e culturale. 
  • Il rapporto tra mito e tragedia nella filosofia estetica di Carchia: analisi delle radici orfiche e tragiche del pensiero estetico e del loro significato per la modernità.
  • Le traduzioni e le letture di Carchia: il suo contributo nella diffusione del pensiero critico tedesco (Marx, Horkheimer, Apel, Gehlen, Blumenberg, Schürmann) in Italia.

Questo numero intende contribuire a una rinnovata ricezione dell’opera di Gianni Carchia, situandola nel contesto della ricerca estetica e filosofica attuale: invitiamo quindi studiose e studiosi a esplorare la portata del suo pensiero, capace di ripensare il rapporto tra filosofia, immagine e verità nell’orizzonte della modernità e oltre.

Linee guida per la presentazione degli articoli:

Gli articoli, per un limite massimo di 40.000 caratteri (spazi inclusi), accompagnati da un abstract di 1000 caratteri (in italiano e in inglese), devono essere inviati all’indirizzo e-mail emanueleedilio.pelilli@gmail.com entro il 25 aprile 2025 (in uno dei seguenti formati: .doc, .docx, .odt) in un unico documento che sia adatto alla revisione anonima (double blind peer review) e conforme alle norme redazionali. Sono particolarmente graditi contributi direttamente pertinenti alle linee di ricerca suggerite. Si accettano contributi in italiano, inglese, francese, tedesco e spagnolo.

 

Carchia – Call for Papers

Pólemos no. 1 2024: Architettura, emozioni, empatia

Architettura, emozioni, empatia,

a cura di Paola Gregory e Giuliana Scotto

Percezione

Sperimentare (come anche conoscere) l’architettura assume un  doppio significato e implica modalità più complesse rispetto ad altre arti o pratiche umane. Da un lato, possiamo avvalerci del potere pervasivo delle immagini (stampe, fotografie, filmati) che ci consentono di avere una qualche percezione dell’architettura, di “farcene un’idea”. Dall’altro lato, abbiamo l’esperienza in loco, dove il nostro corpo viene investito completamente, sempre coinvolgendo più sensi – non solo la vista, l’udito, l’olfatto, il tatto e, se volessimo, anche il gusto – ma anche la propriocezione, il sistema vestibolare e somatosensoriale, secondo una modalità multisensoriale e sinestetica, non semplicisticamente riconducibile a una sommatoria di sensi in rapporto a una loro schematica distinzione. Quando abitiamo uno spazio, vi entriamo con il nostro corpo vivo mettendo in gioco l’intera nostra percezione ed esperienza: l’opera ci avvolge e ne ricaviamo un effetto che di volta in volta può essere di entusiasmo, di stupore, di smarrimento o paura, persino di disgusto.

Neuroscienze

Le strade percorse dai più recenti studi di neuroscienze in generale e neurofisiologia in particolare consentono di aprire nuove possibilità di progettazione, interpretazione e rilettura dell’architettura. Proprio alla luce dei traguardi neuroscientifici non si può non tener conto delle conseguenze che l’architettura esercita sugli individui in senso affettivo, cioè nel modo in cui gli esseri umani vengono colpiti, coinvolti, irretiti, emozionati dagli spazi creati o riconfigurati da parte umana. La neurofisiologia ci aiuta a comprendere come questo rapporto non si annidi in un piano “razionale” o di “piena coscienza” o di “astrazione”. Al contrario, si tratta di un “corpo a corpo”, fra ineludibile materialità dell’architettura e corpo vivente che la esperisce, dove a emergere sono in primis emozioni, ricordi, suggestioni, empatia e identificazione. Il rapporto con l’architettura si innesta su un livello di irriflessione, precedente l’attività pienamente cosciente, poiché l’architettura arriva a toccare l’individuo attraverso il manifestarsi dei fenomeni stessi, senza il filtro o la mediazione delle facoltà razionali. Si mantiene perciò uno scarto di imprevedibilità, dovuto alla singolarità dotata di un sentire proprio che può o meno coincidere con l’effetto che il progetto intendeva suggerire: in tal senso, può aprirsi una possibilità di negoziazione fra chi crea l’opera architettonica e chi la fruisce.

Architettura e socialità

Dato poi che l’architettura, forse più di altre arti, si innesta molto profondamente nella dimensione sociale, si pone la questione delle possibili interrelazioni personali negli spazi che essa crea ovvero contribuisce a creare. Nel caso delle altre arti, l’opera viene molto spesso museificata, protetta, sottratta al lavorio del tempo, riservata a spazi e tempi di fruizione separati dalla quotidianità, tenuta lontana da mani, luci e temperature che potrebbero danneggiarla e comprometterne la durata. Invece l’opera architettonica si confronta costantemente con il logoramento imposto dall’ambiente in cui si trova immersa ed è destinata ad essere attraversata dalla presenza e compresenza umana. Molte tipologie di edifici addirittura invitano alla socialità, la promuovono, la valorizzano. La compresenza di vite e corpi si traduce per l’architettura in un’importanza specifica dell’elemento temporale, come qualcosa che trasforma l’opera per il fatto di essere esposta agli esseri umani, che vi entrano e vi escono, la calpestano, la decorano, la illuminano, la modificano per “starci meglio”, la usano per svolgervi attività diverse anche rispetto al progetto originario, entrando in una relazione nuova, talvolta più consapevole, con lo spazio in cui si trovano. Il fattore tempo può incidere in maniera inaspettata rispetto al progetto ovvero alla sua mancanza, suggerendo così come gli stessi esseri umani, accedendo nello spazio architettonico oppure allontanandosene, o ancora permanendo al suo interno, contribuiscano a conformarlo, configurarlo e riconfigurarlo incessantemente.

Questo volume di Pólemos. Materiali di filosofia e critica sociale intende riflettere sull’architettura in modo da mettere in evidenza la complessità degli aspetti appena accennati, non da ultimo per cogliere implicazioni inedite dell’opera architettonica considerata dal punto di vista estetico.

Istruzioni per l’invio:

Spedire gli articoli già completi e redatti seguendo le norme redazionali della Rivista, accompagnati da un abstract di 1000 caratteri (in italiano e in inglese), all’indirizzo e-mail cfp@rivistapolemos.it e a giuliana.scotto@unive.it entro il 31 maggio 2024. Inviare cortesemente articoli e abstract (in uno dei seguenti formati: .doc, .docx, .odt) in un unico documento per un limite massimo – abstract+paper – di 40.000 caratteri (spazi inclusi) che sia adatto alla revisione anonima. Sono particolarmente graditi contributi direttamente pertinenti alle linee di ricerca suggerite. Articoli concernenti aree connesse al tema saranno ugualmente presi in considerazione. Sono accettati contributi in italiano, inglese, francese, tedesco e spagnolo.

Testo pdf Pólemos no. 1, 2024 – Call for papers Architettura, emozioni, empatia

Vedi POLEMOS_Norme editoriali_v.5 (1)